Se volete un paradosso, eccolo: le obbligazioni Santander perpetue potrebbero non staccare la cedola alla prossima scadenza di marzo e proprio per questo venerdì scorso hanno guadagnato quasi il 20% sul mercato. Com’è possibile una simile reazione degli investitori? Parliamo di un bond senza scadenza, emesso nel 2004 per 300 milioni di euro, che offre attualmente una cedola ogni sei mesi pari al tasso “midswap” a 10 anni, incrementato dello 0,05%. Allo stato attuale, quindi, la cedola sarebbe del -0,17%, cioè la banca spagnola non dovrebbe corrispondere alcunché agli obbligazionisti.
Nel secondo trimestre, il rosso dei conti è stato di 11,3 miliardi. Improbabile che il miglioramento nella seconda parte dell’anno sia in grado di più che compensare le perdite accusate nel primo semestre. Per questo, il mercato sta scommettendo sul fatto che Santander rimborsi il bond per non subire un danno reputazionale.
La scommessa appare in contraddizione con quanto accaduto nel febbraio 2019, quando proprio la spagnola divenne la prima banca europea a non avere esercitato la “call” relativa a un’obbligazione perpetua. I tassi di mercato vigenti, infatti, risultarono più alti della cedola che l’emittente avrebbe sostenuto di lì in avanti. E Santander ritenne di godere della sufficiente fiducia dei mercati per permettersi di contrariarli. Ed ebbe ragione.
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Nel caso in esame, però, la situazione appare diversa. Questo bond perpetuo non distribuirebbe la cedola a causa dei conti in sofferenza con l’emergenza Covid. Per contro, se la cedola restasse in territorio negativo, la banca non dovrebbe pagare alcunché a nessuno.
Non a caso, Fitch ha tagliato il suo giudizio sul bond a CCC, praticamente considerandolo ad altissimo rischio di credito. Ripetiamo, non è in dubbio la solidità finanziaria della banca, quanto la possibilità legale che possa ottemperare alla prossima scadenza. Il bond prevede anche che non possano essere distribuiti i dividendi agli azionisti fino a quando non saranno pagate le cedole. In questo senso, si tratta di un titolo “preferred”. In quanto perpetuo, invece, è trattato a metà tra debito e capitale ai fini regolamentari, per cui chi lo acquista si assume un elevato rischio implicito nelle sue stesse caratteristiche.
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