Petroleo Brasileiro SA, meglio nota come Petrobrás, ha emesso ieri due bond per complessivi 3 miliardi di dollari. Trattasi di un’obbligazione con scadenza 2029 e di una 2049. I proventi del collocamento verranno utilizzati per riacquistare titoli con scadenza compresa tra il 2021 e il 2025. Formalmente, i due bond “unsecured” sono stati emessi dalla controllata sussidiaria Petrobrás Global Finance BV (PGF) e sono garantiti totalmente e incondizionatamente dalla compagnia petrolifera brasiliana. In particolare, il bond 2029 offre cedola 5,75% (pagamenti l’1 febbraio 1 l’1 agosto di ogni anno) e rende poco più, essendo stato il prezzo fissato un prezzo di riapertura a 98,515.
Petrobrás emette nuovi bond e lancia buy back sui vecchi
Trattandosi di due obbligazioni in dollari, le cedole si mostrano abbastanza allettanti. Va detto che la compagnia petrolifera è considerata un emittente speculativo, con rating “Ba2” per Moody’s e “BB-” per Fitch e S&P, con outlook “stabile” in tutti e 3 i casi. In borsa, capitalizza oltre 100 miliardi di dollari. Il 64% del capitale è in mano allo stato.
Vale la pena prendere in considerazione le due obbligazioni? Due i principali rischi teorici: di credito e di cambio. Quanto al primo caso, essendo la compagnia statale, appare obiettivamente molto difficile che vi siano serie probabilità di inadempienza. Equivarrebbe a un default di fatto dello stato brasiliano. Le prospettive sono legate essenzialmente all’andamento del petrolio sul mercato. Non è un caso che gli altri bond sinora emessi in valute estere sembrino seguire proprio il trend delle quotazioni del greggio. In effetti, queste generano i ricavi per Petrobrás. Ad esempio, tra il settembre 2014 e gli inizi del 2016, il titolo azionario crollò dell’80%, ma in conseguenza anche della tangentopoli esplosa proprio attorno alla compagnia e che travolse la presidenza Rousseff.
Bond Petrobrás, qualche considerazione
Quanto ai bond, i prezzi segnalano di seguire non solo l’andamento delle quotazioni petrolifere, quanto anche delle valute in cui sono stati emessi. Prendiamo l’obbligazione “callable” maggio 2043, cedola 5,625%: rialzi prossimi al 30% tra dicembre 2016 e gennaio 2018, in concomitanza con l’indebolimento medio del biglietto verde di circa il 13% nello stesso lasso di tempo. Il bond 2029, cedola 5,375%, emesso in sterline, tra inizio 2016 e inizio 2018 ha guadagnato circa l’85%, approfittando del rialzo delle quotazioni dai minimi dei primi anni Duemila a cui erano crollate fin sopra i 60 dollari al barile, ma anche dell’indebolimento della valuta britannica, schiantatasi sui mercati dopo il referendum sulla Brexit.
Dunque, dovremmo immaginare che il bond decennale da poco emesso si apprezzi, ceteris paribus, nel caso in cui il dollaro dovesse indebolirsi contro le altre valute. Lo scenario appare abbastanza verosimile, in quanto la Federal Reserve dovrebbe nei prossimi anni allentare la politica monetaria, contrariamente alle altre principali banche centrali. Tuttavia, se da un lato quotazioni obbligazionarie più alte farebbero felici i possessori, dall’altro il valore dei titoli in euro – presupponendo che siamo noi ad investire – risulterà inferiore. E veniamo proprio al rischio di cambio. Le cedole apparentemente generose offerte da Petrobrás vanno calcolate sulla base del cambio euro-dollaro atteso alla scadenza o all’atto del disinvestimento anticipato.
Stando allo spread Treasury-Bund a 10 anni, il mercato si attenderebbe che tra un decennio il cambio euro-dollaro si rafforzerà del 25% rispetto a oggi, salendo in area 1,41. Questo significherebbe fare i conti con un rendimento effettivo (in euro) di gran lunga inferiore a quel quasi 6% offerto all’atto dell’emissione e che, cumulato alla scadenza, farebbe circa il 60%. Sottraendo il presumibile deprezzamento del dollaro contro la moneta unica, otterremmo quasi il 3,5%, cioè il 3,5% all’anno.
Mercato Treasury, opportunità di guadagno o il calo dei rendimenti è già finito
Rendimenti davvero allettanti?
Ne vale la pena? Dipende da quali fossero i nostri piani. Si potrebbe puntare ad acquistare il titolo per rivenderlo a prezzi più alti prima della scadenza, magari approfittando del rialzo delle quotazioni petrolifere e della presumibile tenuta nel breve del dollaro contro l’euro. A tale proposito, bisogna considerare che la Fed non taglierà i tassi da qui ai prossimi mesi, anzi potrebbe persino alzarli ancora, mentre la BCE dovrebbe mantenere i tassi a zero fino almeno alla fine dell’anno. L’investimento a scopo prettamente speculativo, quindi, avrebbe un senso, per quanto sarebbe comunque rischioso.
Non ci azzardiamo a prevedere alcunché per il bond 2049. Troppo lunga la sua durata per capire come si evolverebbe il mercato del petrolio e quello forex da qui ai prossimi 30 anni. Sarebbe il tipico investimento da cassettista, di chi non avrebbe fretta per liquidare il titolo e potrebbe aspettare anche anni prima di disinvestire alle condizioni migliori possibili. Rileviamo semmai come la più alta cedola al 6,9% sarebbe più capace di reggere il prezzo rispetto al bond 2043, che oggi rende poco meno del 6,50.
Per investire in bond conta la cedola, non solo il rendimento