L’altro ieri, Prysmian ha annunciato l’emissione di nuove obbligazioni convertibili a 5 anni, con scadenza attorno al 2 febbraio 2026. La società che produce sistemi di scavo per energia e telecomunicazioni collocherà sul mercato un nuovo bond convertibile in azioni per l’importo nominale di 650 milioni di euro. Al contempo, ha dato mandato a BNP Paribas, Credit Agricole, Goldman Sachs, Mediobanca e Unicredit di riacquistare il bond zero coupon “equity-linked” da 500 milioni, in scadenza nel 2022. L’operazione nel suo complesso viene giudicata positivamente dagli analisti (neutrale la posizione di Banca Akros), perché consente alla società di allungare la durata media del suo debito e ridurre i costi di finanziamento, date le migliori condizioni di mercato attualmente vigenti.
Nel dettaglio, anche il nuovo bond sarà uno zero coupon, cioè non offre alcuna cedola e, dunque, non maturerà alcun tasso d’interesse a favore degli obbligazionisti. Anzi, il prezzo di emissione sarà sopra la pari e compreso tra 101,25 e 103,75, per cui il rendimento lordo alla scadenza varierà da un minimo del -0,73% a un massimo del -0,25%. Questo, perché alla scadenza il titolo verrà rimborsato a 100, cioè a meno del valore di emissione.
Vi chiederete per quale motivo si dovrebbe comprare un titolo del genere, sprovvisto di cedola e che, detenuto fino alla data del rimborso, infliggerebbe una perdita certa. E arriviamo alla parte clou del prospetto informativo, vale a dire alla possibilità offerta all’obbligazionista di convertire le obbligazioni in azioni a un prezzo compreso tra il 45% e il 50% in più rispetto alla media ponderata delle quotazioni tra la data di avvio dell’emissione e quella di fissazione del prezzo dell’offerta.
Plusvalenze su zero coupon per abbattere le minusvalenze
Il meccanismo del bond convertibile
Questo significa che, grosso modo, se il prezzo delle azioni Prysmian salisse almeno sopra 40-45 dollari, l’obbligazionista troverebbe conveniente esercitare la conversione, in quanto potrebbe rivendere immediatamente il titolo in borsa, maturando una plusvalenza.
Entro il 30 giugno prossimo, l’assemblea degli azionisti dovrà approvare l’aumento del capitale, operazione necessaria per procedere formalmente all’emissione di un prestito obbligazionario convertibile. Nel caso di mancata approvazione, l’obbligazionista riceverà il rimborso anticipato e integrale del capitale, oltre a un premio che sarà stabilito nel regolamento del bond. L’obbligazionista potrà richiedere il rimborso anticipato in contanti per il caso di mancata emissione della “shareholder notice event” successivamente alla mancata approvazione dell’aumento in assemblea.
Si consideri che il massimo storico per il titolo è stato toccato a inizio mese a 30,75 euro. Ieri, lo stesso risultava in calo sotto i 26 euro. Per questo, bisogna mettere in conto l’elevata probabilità, almeno seguendo l’andamento a Piazza Affari dal 2007 ad oggi, che il prezzo di conversione non venga mai aggiunto entro la data fissata per il rimborso e che, pertanto, alla scadenza si rischierebbe di ritrovarsi in possesso di un asset infruttifero e per giunta con rendimento negativo. Per contro, le obbligazioni convertibili appaiono una buona scommessa per i periodi di espansione economica e di reflazione, quando generalmente la maggiore propensione al rischio spinge il mercato a ruotare gli investimenti dai bond alle azioni. L’aggancio a queste ultime, quindi, agirebbe da potenziale tonificante.