Se sentite qualcuno dirvi che di questi tempi con i rendimenti negativi sia praticamente impossibile guadagnare sul mercato del reddito fisso, consigliategli di darsi a un altro hobby o di cambiare mestiere. Certo, il comparto obbligazionario è diventato difficilissimo per gli investitori cassettisti, i quali devono fare i tripli salti mortali anche solo per ottenere un rendimento annuo dell’1%, dati i livelli medi vigenti sui mercati. C’è chi si sposta sugli emergenti e si assume qualche rischio in più, pur di non rimanere a mani vuote nel corso dell’anno, mentre altri sono stati costretti a puntare su scadenze sempre più lunghe, esponendosi alla forte volatilità nel caso di un rialzo dei tassi.
Il bond dell’Austria offre lo 0,7% per 100 anni
Ma siamo in bolla, inutile girarci attorno. I prezzi di un asset come i bond si gonfiano per il semplice fatto che il mercato compra, confidando che continuino a salire. Dalla speculazione sui tulipani olandesi nel 17-esimo secolo, arrivando alla crisi del ’29 nel secolo scorso, la bolla finanziaria ha sempre avuto le stesse conseguenze devastanti per chi è rimasto col cerino in mano ed è stato costretto a spegnere le luci prima di uscire dalla stanza dove si era svolta la festa. Sta accadendo con le obbligazioni, specie quelle sovrane europee e giapponesi.
Se oggi la Germania ha emesso per la prima volta Bund a 30 anni con rendimento negativo (-0,11%) e senza cedola, sappiate che la più vicina (a noi) Austria non si mostra ben più generosa con gli investitori, tanto che ormai il suo bond a 100 anni sul mercato offre appena lo 0,54%. Tanto per capirci, se l’inflazione da qui al prossimo secolo fosse mediamente anche solo dell’1,5% all’anno, il capitale investito alla scadenza varrebbe in termini reali poco più di un quinto rispetto ad oggi, a fronte di un rendimento cumulato di appena il 53%, al lordo delle tasse e della stessa inflazione.
Guadagni sconvolgenti in poco tempo
Ma in titoli come quelli austriaci s’investe solo per due ragioni pratiche: tenerli nel cassetto come sicurezza contro i rischi economici, finanziari e geopolitici; rivenderli a prezzi più alti, approfittando della smania per assets così affidabili. E in questo secondo caso, non stiamo parlando di prospettive a lungo termine, bensì di questione di pochi giorni. Vienna ha fatto felici gli obbligazionisti che hanno acquistato i suoi bond solamente a luglio, esitando rialzi delle quotazioni fino al 25%. Tanto ha guadagnato nell’ultimo mese il bond a 100 anni, cedola 2,10% (ISIN: AT0000A1XML2).
L’Austria e il bond a 100 anni, prova di una follia che può far saltare l’euro
E i suoi colleghi meno longevi non sono stati molto meno parchi, se è vero che il titolo novembre 2086 e cedola 1,50% (ISIN: AT0000A1PEF7) ha realizzato una crescita di prezzo del 21% nello stesso frangente. Sulle scadenze più corte, come il febbraio 2047 (ISIN: AT0000A1K9F1) e il gennaio 2062 (ISIN: AT0000A0U299), i guadagni sono rimasti a doppia cifra, rispettivamente del 10% e dell’11%. Se allarghiamo lo sguardo all’inizio dell’anno, il sorriso si trasforma in meraviglia nello scoprire che il bond a 100 anni sia sia impennato di prezzo del 77%, il 2086 del 63%, il 2062 del 34% e il 2047 del 30%. Del resto, ancora il titolo secolare sfiorava il 2% a inizio anno, di poco inferiore al valore della cedola, che oggi risulta, invece, estremamente generosa.
In teoria, dovremmo ammettere che il rally sia ormai alle spalle e che difficilmente si possa immaginare un calo ulteriore dei rendimenti. Questo, se ragioniamo sulla base dei pur solidi fondamentali austriaci, così come degli altri stati con bond iper-comprati di questi tempi. Tuttavia, non sono i fondamentali a scandire i ritmi degli acquisti sui mercati in questa fase, bensì i timori per il futuro di chi investe e l’assenza di alternative valide percepite.