Se vi offrissero un titolo di stato con rendimento -12%, lo comprereste? Se siete sani di mente, diremmo di no. Le obbligazioni turche offrono al momento un rendimento reale proprio del -12%. A fronte del 24,4% nominale, infatti, il tasso d’inflazione a dicembre nel paese è esploso al 36,08%, il livello più alto dal 2002, cioè da prima che il presidente Erdogan arrivasse al governo.
L’indice dei prezzi al consumo è schizzato ben sopra le aspettative. Era al 21,31% a novembre. Un boom di quasi 15 punti percentuali, che aggrava il quadro già negativo dell’economia domestica.
Obbligazioni turche in valute forti poco appetibili
Il loro rendimento decennale nell’ultimo anno è raddoppiato dal 12,7% al 24,4%. Parimenti, è esploso il rendimento del decennale in dollari. Il bond in scadenza il 15 gennaio 2031 e cedola 5,95% (ISIN: US900123DA57) si è deprezzato del 12,6% in un anno, scendendo agli 89,56 centesimi di oggi. Offre il 7,93% contro il 5,57% di inizio 2021. Lo spread tra obbligazioni turche in valuta locale e quelle in dollari è, quindi, esploso anch’esso da 715 a 1.647 punti base, più che raddoppiando.
Non si pensi, però, che le obbligazioni turche in valute forti siano al riparo dai rischi. In primis, perché il piano “salva risparmi” del governo scarica il costo del rialzo dei tassi mascherato sui conti pubblici. Secondariamente, per difendere il cambio dal collasso la banca centrale è tornata a vendere parte delle riserve valutarie, già negative al netto degli swaps e delle esposizioni con il sistema bancario domestico. Di dollari in cassa l’istituto ne ha pochi, per cui: o accetta che la lira turca collassi del tutto o prosciuga le riserve prima di arrendersi all’evidenza.