Banco BPM ha annunciato nella giornata di ieri che procederà al rimborso cash in tutto o in parte del bond perpetuo con cedola 8,75% da 300 milioni di euro (ISIN: XS1984319316). L’offerta non è subordinata al raggiungimento di una quantità minima di adesioni. Allo stesso tempo, l’istituto emetterà un nuovo bond AT1 (Additional Tier 1) per l’importo di 300 milioni di euro e a tasso fisso reset. L’offerta si è aperta ieri, 17 novembre, e si concluderà giorno 24. L’operazione, spiega l’istituto, rientra nella gestione proattiva del capitale.

Le nuove obbligazioni saranno negoziabili alla Borsa di Lussemburgo.

Nuova emissione perpetua per Banco BPM

Dunque, Banco BPM ripagherà i possessori del bond perpetuo in circolazione sin dal 2019 con i proventi incassati dall’emissione del nuovo bond AT1. Perché questa operazione? Il vecchio bond paga una cedola fissa annua lorda dell’8,75% fino al giugno prossimo, quando la cedola diverrà variabile e pari al tasso “mid swap” a 5 anni + uno spread di 8,921%. Stando ai tassi di mercato attuali, la cedola salirebbe intorno al 12% lordo annuo, quando evidentemente Banco BPM ha la possibilità di rifinanziarsi sui mercati a tassi ben inferiori.

Come funzionano i bond AT1

E cosa sono i bond AT1? Si tratta di obbligazioni senza scadenza, per cui il capitale potrebbe non essere mai rimborsato. Tuttavia, gli emittenti fissano cosiddette date di reset, alle quali le cedole offrono rendimenti sempre più alti. Alla prima data di reset, dopo un periodo “non callable” generalmente di cinque anni, la cedola passa da fissa a variabile ed è legata all’andamento dei tassi di mercato. A causa del rischio che il capitale non venga mai rimborsato, i rendimenti offerti sono superiori a quelli che gli emittenti riescono a spuntare sulle obbligazioni senior.

Ci sono altri rischi specifici da considerare. Questi bond AT1 prevedono un “trigger”, vale a dire un coefficiente raggiunto il quale le cedole possono essere non corrisposte e il capitale trasformato in azioni temporaneamente o in via definitiva.

Questo trigger scatta solitamente quando il CET1 scende sotto il 5,125%. Di cosa parliamo? Del Common Equity Ratio, vale a dire il rapporto tra capitale versato dalla banca emittente e le attività ponderate per il rischio. Dunque, esiste la possibilità che la banca veda scendere così tanto il suo grado di patrimonializzazione da essere costretta a convertire parte del suo debito (i bond AT1) in capitale.

Il caso Credit Suisse

I bond AT1 sono tornati alla ribalta delle cronache finanziarie nel marzo scorso, quando Credit Suisse ne azzerò il valore per 17 miliardi di dollari. Va detto che le modalità in cui tale operazione è stata effettuata non sarebbero possibili nell’Unione Europea. In Svizzera, infatti, la legislazione consente che le perdite possano ricadere prima sugli obbligazionisti subordinati senza uno previo annullamento del capitale azionario. Ad ogni modo, nelle scorse settimane Ubs, che ha rilevato Credit Suisse per evitarne il crac, ha emesso due bond AT1 in dollari e, malgrado i timori degli analisti, l’accoglienza è stata molto positiva.

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