Erano le primissime settimane di pandemia e mentre ad uno ad uno i governi di gran parte del mondo imponevano i “lockdown”, Israele emetteva il suo primo bond a 100 anni con un’emissione in dollari USA. Raccoglieva così la cifra di 1 miliardo, che sarebbe servita a tamponare il crescente deficit fiscale provocato dalla lotta al Covid. Sono passati più di tre anni da allora e tanta acqua è passata sotto i ponti. Sono cambiate tante cose a livello internazionale e nazionale, a riprova che investire sul lunghissimo periodo può comportare rischi imprevisti e imprevedibili.

Andando a ritroso, se i nostri nonni avessero investito un secolo fa in BTp a 100 anni, immaginate cos’è accaduto nel frattempo tra guerre, passaggio dalla monarchia alla repubblica, trasformazioni economiche, sociali, ecc.

Il bond a 100 anni di Israele ha scadenza in data 3 aprile 2020 e offre cedola fissa annuale lorda del 4,50% (ISIN: US46513JB593). E’ denominato in valuta americana e non in shekel, cioè la moneta nazionale. La ragione di ciò risiederebbe nella necessità di attirare capitali dal resto del mondo. Questi difficilmente affluiscono verso asset denominati in valute scarsamente diffuse. Come sappiamo, invece, l’Austria negli anni passati ha emesso due bond a 100 anni in euro.

Bond 100 anni Israele versus Austria

Facendo un confronto tra i due, otteniamo che l’emissione israeliana presenta una “duration” di 18,4 anni contro i 47,4 anni di quella austriaca con scadenza 2120. Da cosa dipende tutta questa differenza? Vienna fissò un tasso di interesse di appena lo 0,85%. Questo significa che la quotazione del suo bond a 100 anni deve variare più ampiamente per adeguarsi alle variazioni del rendimento sottostante. Di fatti, oggi il bond israeliano si acquista sopra gli 80 centesimi e offre un rendimento del 5,67%. Il bond austriaco vale sul mercato secondario poco più di 40 centesimi, la metà. E rende il 2,45%.

L’aspetto più interessante è, comunque, un altro.

Guardando alla cedola netta effettiva, cioè tenuto conto dell’imposizione fiscale e del prezzo di acquisto, il bond a 100 anni di Israele offre quasi il 4,90%. Il suo concorrente austriaco a stento supera l’1,80%. Ci sono in ballo più di tre punti percentuali di differenza.

E’ vero che il bond a 100 anni di Israele presenta un rischio di cambio per noi investitori dell’Eurozona. Tuttavia, difficile credere che questi non sia stato già compensato dal più alto rendimento rispetto all’emissione austriaca. Tra i due titolo lo spread viaggia intorno al 3,20%. E si è ristretto dal 3,65% segnalato dalle cedole. Quanto al rischio di credito, le agenzie di rating assegnano i giudizi AA-/A+/A1 a Israele contro AA+/AA+/Aa1 all’Austria. In teoria, il bond a 100 anni del primo risulta leggermente più rischioso. In entrambi i casi, però, lo spettro del default resta lontano.

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