Investire in bond con rendimenti più alti di quelli offerti dall’Italia senza uscire dall’Unione Europea? E’ ancora possibile. Non tutta l’area ha ad oggi adottato l’euro. Sono sette i paesi che hanno mantenuto le rispettive monete nazionali (Svezia, Danimarca, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Romania e Bulgaria). Proprio i bond della Bulgaria risultano allettanti. Sofia vanta il secondo rapporto debito/PIL più basso d’Europa dopo l’Estonia, di poco superiore al 20%. A titolo di confronto, in Italia è al 140% e la media UE supera l’83%.

Anche il disavanzo fiscale l’anno scorso risultava relativamente basso, sotto il 3% contro il 5,5% atteso per l’Italia.

Spread con BTp quasi azzerato

Prendiamo il bond della Bulgaria a 10 anni, con scadenza in data 23 settembre 2034 e cedola 4,625% (ISIN: XS2536817484). Al termine di questa settimana di negoziazioni, la quotazione si attestava in area 104,40 per un rendimento lordo annuale del 4,10%. Rispetto al BTp a 10 anni, il premio offerto viaggia intorno allo 0,25%. Un quarto di punto percentuale non è certamente allettante per esporsi al rischio sovrano di un emittente straniero e, magari, anche poco noto.

In effetti, l’appeal dei bond della Bulgaria è sceso di tanto negli ultimi tempi. Il titolo in esame offriva il 5,80% al suo debutto sul mercato secondario nell’ottobre del 2022. In quel periodo, lo spread con l’Italia si aggirava intorno ai 160 punti o 1,60%. In quel caso, il premio appariva robusto e tale da indurci a ipotizzare più facilmente un investimento nel paese dell’Europa dell’Est.

Bond Bulgaria, quali rischi reali

Ma solamente da inizio ottobre scorso la quotazione è salita di quasi il 12% fino ai massimi di dicembre, pur cedendo qualcosa nell’ultimo mese. Il rischio di credito teorico risulta medio-basso. S&P valuta i bond della Bulgaria con rating BBB e Moody’s con Baa1. In effetti, le riserve valutarie ammontano a quasi 42 miliardi di euro, a fronte di un debito estero a breve scadenza di poco sopra i 7 miliardi.

E le partite correnti nei primi undici mesi dello scorso anno hanno chiuso in attivo. Sono dati indispensabili per analizzare l’affidabilità creditizia di un emittente, in relazione a un debito denominato in valuta estera.

E questo ragionamento vale a maggior ragione per il bond della Bulgaria, poiché il suo tasso di cambio contro l’euro è nei fatti fisso. Dunque, la flessibilità in ambito monetario è minima, anche perché il governo di Sofia punta ad entrare quanto prima nell’Eurozona. Bruxelles ha sinora preso tempo non già per criteri macroeconomici, quanto per l’elevata corruzione che caratterizza la sfera pubblica bulgara e che la tiene ancora lontana dagli standard comunitari. Pur se diversi progressi in materia sono stati compiuti, il problema resta forse il principale per l’effettivo rischio di credito sovrano. E non giocano a favore neppure le tensioni europee con la vicina Russia e, a tratti, con la confinante Turchia.

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