Mancano poche settimane alle elezioni presidenziali in Egitto, dove non esistono grossi dubbi circa la rielezione di Al Sisi, al potere sin dal 2014. Le urne saranno aperte in una situazione molto difficile per l’economia domestica. L’inflazione è esplosa al 38% e crescono le incertezze sulla capacità di Il Cairo di onorare i suoi debiti. Di fatto, i bond sovrani emessi dall’Egitto sui mercati internazionali prezzano ormai a forte sconto, per cui offrono rendimenti alle stelle. Le tensioni in Medio Oriente di queste settimane dopo il sanguinario attacco di Hamas contro lo stato di Israele di certo non aiutano.

Debito estero quasi quanto riserve nette

I bond dell’Egitto sono giudicati “spazzatura” dalle agenzie di rating. I giudizi sono B per S&P e Caa1 per Moody’s, quest’ultima reduce da un declassamento recente. Le riserve valutarie nette ammontano a 35 miliardi di dollari, teoricamente più che sufficienti a garantire le importazioni per almeno 5-6 mesi. Il problema è che il debito estero a breve scadenza ammonta a una trentina di miliardi, per cui gli organismi internazionali lanciano da tempo l’allarme sulla sostenibilità delle finanze statali. Anche perché il deficit pubblico nell’anno fiscale in corso è atteso al 10,7% del PIL contro il 4,6% dello scorso anno. E il debito pubblico si aggira intorno al 90%.

Svalutazione lira egiziana necessaria

Il Fondo Monetario Internazionale chiede alla banca centrale di svalutare ulteriormente il cambio. Le tre svalutazioni dal marzo dello scorso anno sono risultate insufficienti, malgrado il -50% accusato dalla lira egiziana contro il dollaro. Sul mercato nero, un dollaro si scambia contro 40 lire, mentre il tasso di cambio ufficiale è di poco inferiore a 31. Senza svalutazione, addio competitività e riserve sempre più a rischio. D’altra parte, essa comporterebbe nel breve a un aumento sia dell’inflazione che del valore del debito estero.

Servirebbero quasi certamente nuovi aiuti internazionali per fronteggiare la transizione.

Emesso Panda bond, spesa interessi alta

Nel frattempo, il governo ha imposto qualche restrizione ai movimenti dei capitali, limitando l’uso delle carte di credito all’estero. La misura punta a contenere la domanda di valuta estera. In questo marasma, l’Egitto ha emesso in settimana un Panda bond per 3,5 miliardi di yuan, pari a circa 440 milioni di euro. La scadenza a 3 anni ha esitato un tasso di interesse del 3,5%, nettamente inferiore a quello che avrebbe dovuto pagare il governo emettendo debito in dollari. Gli interessi gravano per il 9% del PIL ed è per questo che Il Cairo starebbe cercando di minimizzarne la spesa con emissioni meno dispendiose.

Bond Egitto a sconto, rendimenti alle stelle

I rendimenti dei bond in Egitto sono altissimi. La scadenza in dollari 21 febbraio 2028 e cedola 6,588% (ISIN: XS1775618439) prezza appena sopra 60 centesimi contro i massimi di 86 centesimi toccati ad inizio anno. Offre così un rendimento di poco inferiore al 22%. E il titolo denominato in euro con scadenza 11 aprile 2031 e cedola 6,375% (ISIN: XS1980255936) è sceso a meno di 52 centesimi (quasi 70 centesimi a inizio anno), offrendo quasi il 19% lordo. Simile il rendimento del bond in dollari 30 settembre 2033 e cedola 7,30% (ISIN: XS2391395154), anch’esso sotto 52 centesimi e al 18,45%.

Rischio default alto per bond Egitto

Questi rendimenti sottintendono un rischio default altissimo per i bond dell’Egitto nel medio termine. Basti guardare ai CDS a 5 anni, che prezzavano a metà settimana a 1.866 punti base, pari a una probabilità di evento creditizio avverso del 31,10% entro il 2028. L’economia domestica risulta in affanno sin dalla caduta del regime di Hosni Mubarak e ha risentito ancora più negativamente della pandemia, tra crollo del turismo e boom dei prezzi di materie prime come il grano. La speranza è che dopo le elezioni il governo assuma le decisioni necessarie per cercare di raddrizzare l’economia, pur impopolari all’impatto come la svalutazione del cambio e il taglio del deficit.

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