Fare affari grazie a una valuta emergente che sta cadendo a pezzi da anni? Si può. E lo sanno coloro che hanno investito solamente pochi mesi fa nel bond in lire turche (ISIN: XS2539440722) emesso dalla Banca Asiatica per gli Investimenti in Infrastrutture. Era la fine di settembre e l’emissione avvenne a soli 80,50 centesimi. Un prezzo molto basso per un’obbligazione in scadenza in data 29 settembre 2027, vale a dire della durata iniziale di soli cinque anni. E pensare che offre una cedola monstre del 30%.

Aggiungeteci anche che l’emittente gode del rating tripla A, cioè è considerata dalle agenzie di valutazione internazionali massimamente affidabile. Pertanto, il rischio di credito praticamente non esiste.

Non è che il mercato sia stato irriconoscente, semplicemente ha mostrato estrema prudenza verso un titolo denominato in una valuta sempre più carta straccia. La lira turca è sotto stress da anni, da quando il presidente Recep Tayyip Erdogan si è messo in testa che i tassi vadano tenuti bassissimi per incentivare il credito all’economia e rendere la Turchia una potenza esportatrice. L’inflazione sta divorando i redditi delle famiglie, mentre il cambio collassa senza sosta. Ma Erdogan sta facendo di più: spinge la banca centrale a stabilizzare il cambio contro il dollaro, anche a costo di azzerare le riserve valutarie. Ed è proprio quest’ultima mossa che sta offrendo particolare soddisfazione agli investitori nel bond in lire turche.

Bond in lire turche, guadagni fino al 30%

Il 29 settembre scorso, acquistare un lotto minimo di 20.000 lire turche costò effettivamente 16.100 lire ai prezzi del collocamento. E al tasso di cambio di 18,19 contro la moneta unica, un investitore dell’Eurozona avrebbe speso 885,10 euro. Venerdì 17 febbraio, lo stesso bond in lire turche sul mercato quotava a 94,43 centesimi. Rivenderlo avrebbe fatto incassare 18,886 lire. Al tasso di cambio di 20 a 1, il ricavo sarebbe stato di 941,65 euro. C’è ancora da aggiungere la cedola del 30% maturata sui neppure cinque mesi di mantenimento del titolo in portafoglio.

Il rateo a cui avrebbe avuto diritto risulta essere di quasi il 39%. In valore assoluto, 2.318 lire, pari a 115,60 euro.

Tirando le somme, il bond in lire turche sarebbe costato 885,10 euro contro ricavi per 1.057,55 euro. Il margine 172,45 euro equivarrebbe al 19,50% dell’investimento. Questo sarebbe stato per l’ipotetico investitore dell’Area Euro il rendimento effettivo. Per un investitore degli Stati Uniti, poi, le cose sarebbero andate persino meglio. Come dicevamo, la lira è stata mantenuta stabile contro il dollaro negli ultimi mesi. A fine settembre, un americano avrebbe speso 870,27 dollari per acquistare il bond in lire turche. Lo avrebbe rivenduto l’altro ieri per 1000,85 dollari al nuovo tasso di cambio, a cui sommare altri 122,83 dollari di cedola. In tutto, quasi 1.124 dollari per un margine superiore al 29%.

In poche parole, la politica sprovveduta di Erdogan sta facendo per il momento il gioco della speculazione tra alti tassi d’interesse pretesi sui bond in lire turche e guadagni ottenuti da tassi di cambio tenuti artificiosamente alti a colpi di riserve valutarie vendute. Chiaramente, se l’emittente ha dovuto fissare una cedola così gigantesca, è perché essa stessa sconta l’insostenibilità prima o poi di questa politica del cambio. Il collasso della lira tramortirà il valore del capitale convertito nelle principali divise internazionali. Sarà tanto che si riesca a disinvestire o arrivare alla scadenza senza perdite.

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