Era il giugno del 2021 quando Poste Italiane raccolse 800 milioni di euro con l’emissione di un bond perpetuo (ISIN: XS2353073161). Con questa espressione s’intende un’obbligazione priva di scadenza. L’investitore riceve generalmente una cedola più alta, in conseguenza del fatto che corra un rischio maggiore per il caso in cui il capitale non gli fosse mai rimborsato. Nello specifico, il titolo è “non callable” per i primi otto anni. Significa che certamente non sarà rimborsato fino alla data del 24 giugno 2029.

Fino a quel giorno, il bond di Poste staccherà una cedola annua fissa lorda del 2,625%. Può sembrare pochissimo oggi, ma tenete conto che allora il BTp a 10 anni offriva intorno allo 0,80% contro il 4,20% di adesso.

Ad ogni modo, Poste Italiane ha dinnanzi a sé una scelta per il 24 giugno del 2029: rimborsare il bond o continuare a pagare le cedole agli obbligazionisti. Nella seconda ipotesi, la cedola passerebbe da fissa a variabile. Sarebbe pari al tasso “midswap” a 5 anni aumentato di uno spread di 267,70 punti base. Gran parte della scelta sarà basata su un’analisi benefici-costi. Se rimborsare il bond si rivelasse la soluzione più economica, non avrebbe senso continuare a pagare le cedole agli obbligazionisti. Viceversa, il rimborso non avverrebbe.

In parole povere, il bond perpetuo comporta il rischio di un mancato rimborso per il caso in cui le condizioni di mercato non consentissero all’emittente di rifinanziarsi a costi inferiori. A meno, chiaramente, che non voglia procedere ugualmente al rimborso intaccando l’eventuale liquidità disponibile. In gioco vi è anche il fattore reputazionale. Di solito, una banca o altra tipologia di emittente ritiene più proficuo andare incontro alle aspettative degli investitori per non suscitare in loro indisposizione verso future emissioni di debito.

Bond Poste a buon mercato, rendimento elevato

Il 24 giugno del 2029 è solo la prima di tre date di reset.

Le altre due si hanno il 24 giugno 2034 e il 24 giugno 2049. Sempre che, com’è evidente, non sia avvenuto prima il rimborso. Supponiamo che questi avvenga proprio tra sei anni. Questa settimana, il bond di Poste si acquistava alla Borsa di Lussemburgo in cui è negoziato a 76,29 centesimi. Ciò implicherebbe un rendimento alla scadenza di quasi l’8% lordo. Tenuto conto dell’imposizione fiscale, il rendimento netto scenderebbe al 5,88%. Tenete conto che il BTp a 6 anni rendeva nelle stesse ore meno del 3,75% lordo e quasi il 3,30% netto. Il premio offerto dall’obbligazione privata sarebbe di circa 260 punti o 2,60%.

E se il rimborso del bond Poste avvenisse non alla prima, bensì alla seconda data di reset, vale a dire nel giugno 2034? Bisognerà vedere quale sarà il tasso “midswap” a 5 anni a cui sarebbe ancorata la cedola variabile. Supponiamo per puro esercizio teorico che esso fosse uguale all’attuale 2,90% circa. La cedola per il successivo quinquennio sarebbe intorno al 5,60%. Il rendimento alla scadenza, ovvero tra oltre undici anni, risulterebbe oggi superiore al 6,40% lordo. Il rendimento netto si aggirerebbe in area 4,75%. Da questi numeri emerge che il mercato starebbe sottovalutando l’ipotesi di un rimborso anticipato. Ma potrebbe accadere che sia smentito dai fatti e che, quindi, i prezzi del bond perpetuo al momento siano eccessivamente bassi.

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