E anche il 2021 si accinge a diventare l’anno dei record per il mercato dei bond convertibili. Negli USA, al 26 maggio risultano esserne stati emessi da 96 società quotate all’S&P 500 e per un controvalore totale di 54,25 miliardi di dollari. Sono i dati pubblicati da Dealogic. Nello stesso periodo del 2020, le emissioni ammontarono a 48,73 miliardi. La crescita tendenziale è stata, quindi, di oltre l’11%.

E c’è un altro dato a farci capire la straordinarietà di questa fase: ben 28 società, quasi il 29% del totale, hanno emesso bond convertibili a zero interessi.

Si tratta del numero più elevato dal 2001. In media, la cedola è stata dell’1,41%, il tasso più basso di sempre. Invece, il premio di conversione medio è salito al 39%, il più alto dal 2003. Di questo passo, il precedente record di 111,2 miliardi dell’intero 2020 sarà abbattuto. Lo scorso anno, le società dell’S&P 500 ad avere emesso bond convertibili sono state 186.

Questo trend appare molto positivo per gli obbligazionisti, le società emittente e gli stessi azionisti. Insomma, sembra che tutto il mercato ci guadagnerà. Vediamo perché. I bond convertibili sono titoli del debito emessi dalle imprese e che consentono all’obbligazionista (d)a una certa data di trasformarli in azioni, attraverso un tasso di conversione prefissato. Chiaramente, l’operazione ha senso solo se il prezzo delle azioni alla data di riferimento sarà superiore a quello scaturente dalla conversione.

Bond convertibili, l’intero mercato gode

Ad esempio, se potrò convertire le mie obbligazioni nelle azioni della società Alfa a 50 euro, non eserciterò la conversione nel caso in cui alla scadenza il prezzo del titolo fosse di 48 euro. Infatti, “comprerei” a un prezzo maggiore di quello di mercato. Viceversa, se il prezzo fosse di 55 euro, eserciterò la conversione: ottengo a 50 quello che sul mercato si compra a 55. Potrei rivendere anche un attimo dopo, realizzando una plusvalenza di 5 euro o del 10%.

Il fatto che il premio medio per l’esercizio della conversione quest’anno sia salito ai massimi dal 2003 denota ottimismo tra le società emittenti. Esse confidano di riuscire a macinare ricavi e utili e che il prezzo delle loro azioni, di conseguenza, corra. Alle emittenti conviene che l’obbligazionista eserciti la conversione, perché così eviteranno di rimborsare il debito, trasformandolo in capitale. In teoria, avrebbero da lamentarsi gli azionisti, i quali subiranno gli effetti della diluizione del capitale posseduto. Questo è vero, ma d’altra parte dovrebbero essere felici se le loro azioni salissero di molto.

E gli obbligazionisti evidentemente non potrebbero che sorridere. Con i bond convertibili potranno maturare plusvalenze anche elevate. E’ questa la ragione per cui le cedole offerte sono generalmente molto basse. Nel caso degli zero coupon, poi, si rischia di non percepire alcun rendimento dal capitale investito per il caso di mancato esercizio della conversione. Infine, molti bond convertibili sono emessi in relazione a operazioni di fusione e acquisizione o a IPO recenti. Coinbase è sbarcata in borsa ad aprile e ha collocato sul mercato debito convertibile per 2 miliardi di dollari pochi giorni fa. Anche in questi casi, le emissioni sono il risultato di una vivacità del mercato tipica delle fasi rialziste.

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