Con il taglio dei tassi di interesse deciso dalla Banca Centrale Europea (BCE) giovedì scorso, possiamo affermare che, con ogni probabilità, i rendimenti sovrani hanno toccato il picco già nei mesi scorsi e siano destinati a scendere nei prossimi. Il ritmo dei cali sta risultando più lento delle previsioni passate, a causa della persistente inflazione dell’Eurozona sopra il target del 2%. Sta di fatto che le cedole erano state fissate a tassi annui lordi fino al 4,50%; sulle nuove emissioni saranno probabilmente tagliate o perlomeno limate.

In ogni caso, siamo rimasti lontani dai livelli di un tempo. Ad esempio, l’1 novembre del 2026 arriva a scadenza un BTp con maxi-cedola del 7,25% (ISIN: IT0001086567).

Debutto come bond a 30 anni

Questo bond fu emesso nell’autunno del 1996 come trentennale. Dunque, rispetto ad oggi il tratto iper-lungo della curva offriva quasi il 3% in più all’anno. Non proprio bruscolini. Ci guadagnavano tanto di più i risparmiatori, ci perdevano i contribuenti. Oggi, il BTp 2026 presenta una durata residua inferiore ai 30 mesi e si acquista sul mercato secondario a quasi 109. Il rendimento lordo risulta in area 3,35%. Cerchiamo di capire se possa considerarsi un buon investimento per coloro che lo acquistarono all’emissione di quasi un trentennio fa.

Calcolo rendimento dall’emissione

Sapendo che il prezzo iniziale fu di 99,45 centesimi, appena sotto la pari, la cedola lorda effettiva debuttò al 7,29%. Da allora sino ad oggi, l’investitore ha incassato più del 201%, rateo attivo maturato da inizio maggio compreso. Al netto dell’imposizione fiscale del 12,50%, un rendimento del 176%. E l’inflazione? In Italia è stata del 68% nel periodo considerato, ragione per cui il rendimento netto reale scenderebbe al 108%. In ogni caso, l’investitore avrebbe incassato più del capitale investito solamente con gli interessi. A ciò dovremmo aggiungere una plusvalenza netta di oltre l’8% nel caso di rivendita anticipata del bond.

Pensate, se la rivendita fosse avvenuta cinque anni fa, all’apice delle quotazioni a 146, la sola plusvalenza netta sarebbe stata di circa il 42%. E il rendimento netto reale medio annuale sarebbe aumentato ancora più alto, visto che fino ad allora l’inflazione cumulata era stata solamente del 44%. Chi acquistasse oggi il BTp 2026, incasserebbe una cedola effettiva netta sopra il 5,80%. Tuttavia, alla scadenza tra appena 28 mesi farebbe i conti con una perdita netta superiore al 7%. E le probabilità di poter eventualmente rivendere tra alcuni mesi il bond a prezzi sostanzialmente invariati sono molto basse. In effetti, essendo la scadenza ravvicinata, la quotazione tenderà sempre più alla pari. Basta guardare il grafico.

BTp 2026 con scarso appeal speculativo

Ad esempio, se tra sei mesi il BTp 2026 quotasse ancora a quasi 109 come oggi, il suo rendimento lordo risulterebbe crollato al 2,50%. Una prospettiva che, a spread invariato, implicherebbe che il mercato sconti un’accelerazione del taglio dei tassi di almeno mezzo punto percentuale nel breve termine. Non impossibile, ma non è lo scenario di base degli analisti.

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