Questa settimana, il Tesoro ha raccolto 9,25 miliardi di euro tramite l’asta dedicata ai titoli di stato a medio-lungo termine. Dei cinque titoli offerti, due hanno riguardato una scadenza triennale. Tre i miliardi raccolti su di essa. Nel dettaglio, c’era la nona tranche del BTp 15 febbraio 2027 con cedola 2,95% (ISIN: IT0005580045) e la nona tranche del BTp 1 aprile 2027 con cedola 1,10% (ISIN: IT0005484552). Il primo ha esitato un prezzo di aggiudicazione di 99,10 centesimi per un rendimento lordo annuale del 3,32%. Il secondo è stato venduto per 94,12 centesimi e rendimento al 3,28%.

Cedole molto diverse

Come potete notare, i due bond hanno esitato rendimenti sostanzialmente identici. E non potrebbe essere altrimenti, avendo scadenze quasi uguali. Il primo è l’attuale “benchmark” a 3 anni, il cui debutto risale a pochi mesi fa, mentre il secondo fu lanciato due anni fa e in condizioni di mercato del tutto differenti da quelle odierne. Lo segnala la cedola. Come avete avuto modo di notare, in questa fase il tasso annuale sfiora il 3% contro il poco più dell’1% fissato allora. Parliamo di un periodo in cui i tassi di interesse erano ancora azzerati. Sarebbero stati alzati dalla Banca Centrale Europea (BCE) nei mesi successivi per l’esplosione imprevista dell’inflazione.

Trovandoci dinnanzi a due BTp 2027 con rendimenti uguali e cedole molto diverse, come dovremmo comportarci? La risposta non sarà uguale per tutti. L’una o l’altra opzione sarebbe teoricamente indifferente. In realtà, così non è se il nostro fine consiste nel puntare a un dato livello di rendimento, incassando cedole congrue per l’intera durata dell’investimento.

Con il BTp febbraio 2027 la nostra cedola effettiva lorda sarebbe attualmente del 2,98%. Essa è data dal tasso annuo rapportato alla quotazione di mercato. Tale valore equivale al 90% dell’intero rendimento. Invece, con il BTp aprile 2027 la cedola effettiva lorda è appena dell’1,17%, circa il 36% del rendimento offerto.

Significa che nel primo caso l’incasso periodico delle cedole ci farebbe già incassare la quasi totalità del rendimento, mentre nel secondo dovremmo attendere la scadenza per ottenere i due terzi del rendimento. Come? Grazie alla plusvalenza realizzata con il rimborso del capitale a valori superiori al prezzo di acquisto.

Inflazione italiana sotto 1%

In un periodo di alta inflazione, il mercato tende a premiare, a parità di scadenza e rendimento, i bond con cedole più alte. La ragione è semplice: l’erosione del potere di acquisto avviene velocemente e abbiamo bisogno di anticipare il più possibile l’incasso dei pagamenti per arginarla. Quando l’inflazione è bassa, tale esigenza viene avvertita un po’ meno. Dopo un biennio da dimenticare, l’inflazione italiana è scesa nuovamente sotto l’1%, tra i livelli più bassi dell’Eurozona. La percezione dei risparmiatori, però, non è ancora di un ritorno alla stabilità dei prezzi. Il carovita continua a farsi sentire e ciò dovrebbe per i prossimi mesi favorire i bond con cedole maggiori, come il BTp febbraio 2027.

BTp 2027, rendimento congruo e duration bassa

Indipendentemente da questo aspetto, ha senso puntare su una scadenza medio-breve? Con il taglio dei tassi in arrivo, l’allungamento della “duration” del portafoglio sarebbe salutare. Approfitteremmo del rialzo dei prezzi, sebbene questo sia già grosso modo avvenuto nei mesi passati. Esporsi su scadenze troppo lunghe comporta anche il rischio di vincolare la liquidità per un periodo non sostenibile per le nostre esigenze di bilancio familiare. I BTp 2027 rientrano in quell’orizzonte temporale preferito dai risparmiatori, generalmente fino ai sette anni. Non sono un investimento tipicamente speculativo, ma aiutano semmai a mantenere il rendimento del portafoglio su livelli accettabili. L’aspetto negativo consiste nel fatto che, verosimilmente, il capitale alla scadenza dovrà essere impiegato in asset meno redditizi.

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