E’ un buon momento per i titoli di stato italiani, che come tutti gli altri bond sui mercati avanzati risentono positivamente dei toni “ultra-dovish” delle principali banche centrali. I BTp hanno corso nelle ultimissime settimane, specie da quando la BCE di Mario Draghi si è mostrata intenzionata a tagliare ancora una volta i tassi e a tornare agli acquisti di bond con il “quantitative easing”. Più lunghe le scadenze, maggiori i rialzi delle quotazioni. Il titolo più longevo mai emesso dal nostro Tesoro è il BTp 2067 (ISIN: IT0005217390) con cedola 2,80%.

Fu collocato sul mercato nell’ottobre del 2016 a 99,194, poco sotto la parità. Da allora, il bond è arretrato sul secondario, non fosse altro che per essere stato emesso in uno dei migliori momenti della nostra storia finanziaria, non solo recente, quando i rendimenti sovrani e corporate avevano toccato i rendimenti minimi record, un po’ come sta accadendo di nuovo in questa fase.

Rendimenti BTp, ecco il segnale ultra-rialzista che tutto il mondo aspetta

Il BTp 2067 ha toccato il suo minimo nel novembre scorso, quando è crollato fin poco sopra a 77. Oggi, però, quota in area 92,70, mostrando un recupero del 20% in 7 mesi. E la metà di esso è avvenuto tutto nell’ultimo mese e mezzo. Questo titolo presenta qualche pecca. Anzitutto, con una durata così lunga, trattandosi di un sovrano italiano e non tedesco, avrebbe dovuto staccare una cedola più alta. Invece, già all’atto dell’emissione parve bassa, considerando che il rendimento di lungo termine sulle scadenze lunghe in Italia superi il 5% in condizioni monetarie ordinarie. Ciò comporta che la duration sia elevata (oggi superiore ai 25 anni) e che la volatilità ne risente direttamente.

Boom di scambi, prezzo su

In più, si tratta di un bond non molto liquido, con un’offerta massima potenziale di 6,6 miliardi di euro. A tanto ammonta il controvalore delle emissioni del Tesoro.

Questo lo renderebbe formalmente un titolo poco scambiato, ma negli ultimi tempi, a dire il vero, non sembra così, nonostante diamo per assodato che il BTp 2067 sia perlopiù in mano a investitori istituzionali con finalità speculative alcuni e da “cassettisti” altri. Dalla seduta del 18 giugno, notiamo un boom di contratti giornalieri conclusi sul secondario: 4.900, 3.184, 4.747 e 2.556. Oggi, a metà seduta superavano già i 1.330. Si consideri che nella settimana precedente, la media giornaliera non andava oltre i 1.500 e che in tutto maggio si era arrivati a poco più di 12.800, qualcosa come la media di 600 al giorno.

BTP marzo 2040, così giovane e già redditizio

Quanto stia accadendo sembra chiaro: gli scambi aumentano per la più alta richiesta di titoli a lunga scadenza e remunerativi. A comprare sarebbero verosimilmente istituzionali, specie stranieri. Se solo il rendimento si abbassasse dell’1% rispetto al 3,15% attuale, il guadagno sarebbe superiore al 25%, in termini di prezzo. E le probabilità che questo scenario si concretizzi appaiono elevate, aldilà delle specificità negative dell’Italia, dato che il trentennale spagnolo offre ormai meno dell’1,40%. Anche scontando uno spread in area 70 punti base, superiore a quello precedente alla nascita del governo Conte e immaginando una curva sostanzialmente piatta nel tratto più lungo delle scadenze, avremmo che il BTp 2067 renderebbe circa 80-100 punti base in meno di oggi. Ecco perché a giugno sono già passati di mano titoli per un controvalore pari a un quinto del totale. E il mese deve ancora finire, con le ultime sedute ad annunciarsi assai pepate.

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