Al termine del collocamento, il quarto BTp Futura con scadenza a 12 anni (ISIN: IT0005466344) ha raccolto 3,27 miliardi di euro, attraverso 91.273 ordini. Il risultato è stato decisamente inferiore ai 5,48 miliardi di euro prenotati dalle famiglie italiane in aprile, quando fu lanciata la terza emissione della durata di 16 anni. Sin dalle prime ore di lunedì il “mood” era stato negativo. E dato l’andamento delle tre emissioni precedenti, tutto sommato il mezzo flop non è arrivato neppure del tutto inatteso. E venerdì pomeriggio, subito dopo la chiusura delle prenotazioni, il Tesoro ha deciso di alzare la seconda cedola da 1,25% a 1,25%.

Essa sarà percepita per gli anni che vanno dal quinto all’ottavo.

Ci siamo già interrogati sulle ragioni dell’insuccesso, legate verosimilmente a ragioni tecniche. La cedola step up non piace agli investitori retail, né può soddisfare un rendimento massimo netto che supera a stento l’1,50%, incluso il premio fedeltà. In una fase d’inflazione crescente e preoccupante come quella che stiamo vivendo in questi mesi, difficile che una famiglia vincoli i propri risparmi per 12 anni e al fine di incassare un rendimento reale negativo.

Ciò detto, bisogna ammettere che questo sia stato anche il primo flop rimediato dal governo Draghi sui mercati finanziari. Con il suo insediamento di metà febbraio, l’ex governatore della BCE è stato in grado di far scendere e mantenere lo spread attorno ai 100 punti base, salvo qualche fiammata dovuta essenzialmente ai timori di una stretta monetaria in risposta all’inflazione crescente. I costi di emissione dei titoli di stato sono crollati anch’essi ai minimi di sempre, per cui di tutto Mario Draghi ha dovuto preoccuparsi in questi 10 mesi di governo, fuorché della reazione dei mercati.

BTp Futura e il nervo scoperto del debito pubblico

Ma se a poche settimane dalla nascita del suo governo il terzo BTp Futura aveva inviato segnali di scarso interesse, con la quarta emissione la crisi è conclamata.

Ed è pur vero che il format di questo bond non si deve all’attuale ministro dell’Economia, Daniele Franco, bensì al predecessore Roberto Gualtieri, attuale sindaco di Roma. Purtuttavia, un flop è un flop e bisogna prenderne atto. Le famiglie non starebbero bevendo questa storia dell’inflazione “transitoria”, come la definisce ancora la BCE. Né al tasso dell’1,5% programmato per quest’anno e atteso solamente in lievissimo rialzo per il 2022. E questo deve far riflettere chiunque amministri la cosa pubblica, perché la credibilità dell’azione di governo sta alla base delle aspettative e dell’umore del mercato.

Infine, stiamo dando per scontato che le famiglie italiane non siano preoccupate circa la sostenibilità dell’immenso debito pubblico italiano, specie adesso che a Palazzo Chigi abbiamo “Super Mario”. Ma a parte che non vi resterà in eterno, siamo davvero così sicuri che i BTp raccolgano tutta questa fiducia tra i risparmiatori? Se così fosse, come spiegheremmo i 1.800 miliardi di liquidità depositata in banca, anziché essere investiti almeno in parte in titoli di stato? La verità è che i capitali abbondanti degli investitori istituzionali più che coprono da molti anni la domanda, anche grazie alle maxi-iniezioni di liquidità delle banche centrali. E abbiamo forse finito per confondere questo dato con il grado di fiducia degli italiani verso il loro debito sovrano. Le emissioni di un bond retail come il BTp Futura potrebbero avere portato a galla i veri sentimenti diffusi nel Bel Paese.

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