L’inflazione non è sparita dai radar e la lotta per batterla prosegue. Si spiega così la posizione della Banca Centrale Europea, che nel tagliare i tassi di interesse giovedì scorso, ha messo le mani avanti circa il fatto che non abbia preso impegni di alcun tipo per i prossimi appuntamenti. Nell’Eurozona la crescita dei prezzi a maggio ha accelerato al 2,6%, in Italia è rimasta invariata allo 0,8%. Prudenza vuole che in portafoglio bisognerebbe sempre inserire asset difensivi. Per il medio-lungo termine abbiamo la possibilità di acquistare il BTp Italia e/o il BTp€i entrambi con scadenza nel 2030.

Differenza tra i due bond indicizzati

Come sappiamo, la differenza tra le due tipologie consiste nel fatto che i primi sono agganciati all’inflazione italiana (indice Foi dell’Istat ex tabacchi), i secondi all’inflazione dell’Eurozona (indice Hcip dell’Eurostat ex tabacchi). Come sappiamo, questi bond vengono utilizzati per carpire le aspettative d’inflazione. La logica sottostante è questa: i loro rendimenti reali, sommati all’inflazione (italiana o europea), esitano i rendimenti nominali. Conoscendo questi ultimi, attraverso i bond del Tesoro con scadenza simile e cedola fissa, e sottraendovi i rendimenti reali, otteniamo l’inflazione attesa in media all’anno per il periodo considerato.

Aspettative d’inflazione

Il BTp Italia 28 giugno 2030 e cedola reale 1,60% (ISIN: IT0005497000) si acquistava ieri a poco meno di 95,90 centesimi. Il suo rendimento reale risultava del 2,37% e si confrontava con il 3,45% offerto dal bond con cedola fissa. Ne consegue che attualmente il mercato sconta un’inflazione italiana in media nell’ordine dell’1,10% all’anno per i prossimi sei anni.

Quanto al BTp€i 15 maggio 2030 e cedola reale 0,40% (ISIN: IT0005387052), la quotazione di mercato era intorno ai 93,25 centesimi per un rendimento reale alla scadenza dell’1,62%. In questo caso, il mercato sconterebbe un’inflazione media nell’Eurozona superiore all’1,80% da qui a sei anni.

A conti fatti, tra inflazione italiana e inflazione Eurostat ballano tre quarti di punto percentuale. In sei anni, qualcosa come il 4,5%. Se così, l’Italia vedrà salire i propri prezzi al consumo più lentamente e rosicchierebbe alle altre economie dell’Eurozona ulteriori punti di competitività, grazie alla quale esporterebbe verosimilmente di più.

BTp Italia 2030 offre qualche vantaggio

C’è un relativo vantaggio nell’acquistare il BTp Italia 2030. La sua cedola reale effettiva e netta risulta al momento dell’1,46% contro lo 0,375% del BTp€i 2030. Nel caso limite di inflazione zero, il primo assicurerebbe un flusso di reddito circa cinque volte più alto in termini percentuali. Per non parlare del fatto che la rivalutazione del capitale avviene nel primo caso ogni sei mesi, nel secondo solamente alla scadenza in un’unica soluzione. E le probabilità che il mercato stiano sottostimando l’inflazione italiana sono superiori a quelle di una sottostima per l’inflazione Eurostat. C’è la possibilità, in buona sostanza, che il BTp Italia 2030 sia sottovalutato, cioè deprezzato. Se così, lo compreremmo a sconto. Come se, ignorando il reale numero di furti futuri, una compagnia di assicurazione ci offrisse polizze a basso costo.

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