La scorsa settimana si è concluso il collocamento del BTp Valore con scadenza in data 5 marzo 2030. E’ stata un’emissione record: oltre 656 mila sottoscrizioni da parte delle famiglie per complessivi 18,316 miliardi di euro. Battuto il precedente massimo storico per il canale retail, che si era registrato nel giugno dell’anno scorso con 18,19 miliardi. E tra gli addetti del settore le polemiche non sono mancate neanche questa volta. A parte le critiche, obiettivamente corrette, allo spot mandato in onda dal governo per pubblicizzare l’offerta e che è sembrato a dir poco discutibile, i consulenti lamentano la “scarsa educazione finanziaria” degli italiani.

A loro dire, il boom di ordini sarebbe il risultato di una bassa capacità di comprensione del mercato.

Eh, certo. Fa male sapere alle reti che, a fronte della loro pur ottima raccolta netta di quasi 44 miliardi di euro nel 2023, gli investimenti delle famiglie in titoli di stato siano stati il triplo nei primi undici mesi dell’anno. E solo i due BTp Valore in emissione hanno attirato 35,4 miliardi, che salgono a quasi 54 miliardi con il collocamento appena conclusosi. Tutto questo in appena nove mesi.

Ecco le cedole fino alla scadenza

Che lo stato abbia modalità di accesso alla comunicazione pubblica più pervasive di un privato, non c’è bisogno che ce lo diciamo. Ma siamo sicuri che sia stato solo questo il motivo del successo anche del BTp Valore 2030? Cerchiamo di capire cosa abbia potuto spingere l’obbligazionista medio, che si è recato in banca o alla posta per ordinare un po’ di nuovi titoli del debito pubblico. L’importo prenotato è stato mediamente di 27.905 euro. Per comodità di calcolo, arrotondiamo pure a 28.000 euro.

Sappiamo che il BTp Valore 2030 staccherà cedole trimestrali per un tasso annuale lordo del 3,25% per i primi tre anni e del 4% dal quarto anno alla scadenza. Questo significa che il nostro signor Mario Rossi riceverà ogni tre mesi 199 euro al netto della ricevuta fiscale sul suo conto titoli.

Ogni anno, faranno poco meno di 800 euro. Fino al marzo del 2026. Da quella data e per i successivi tre anni, riceverà 245 euro netti ogni tre mesi, cioè 980 euro all’anno.

Rendimento netto soddisfacente

Tirando le somme, di soli interessi avrà complessivamente quasi 5.330 euro, il 19% del capitale sottoscritto. Il rendimento annuo lordo dell’operazione sarà stata, dunque, del 3,17%. E c’è un’ultima forma di guadagno: il premio fedeltà dello 0,7%. Sarà riconosciuto a coloro che hanno sottoscritto il BTp Valore 2030 durante il collocamento e lo manterranno in portafoglio fino alla scadenza. Altri 171,50 euro netti una tantum. In tutto, 5.500 euro.

C’è da tenere in considerazione l’imposta di bollo dello 0,2% sul conto titoli, che grava su ogni investimento di natura finanziaria: 336 euro in sei anni, calcolandola sul valore nominale del bond. L’investimento renderebbe, in ogni caso, intorno ai 5.165 euro. Quasi il 18,5% del capitale impiegato. In sei anni sembreranno forse pochi, ma quali alternative di pari rischio si hanno a disposizione? Le azioni appaiono ben più interessanti in questa fase, ma a fronte di rischio e volatilità ben maggiori.

BTp Valore 2030 e inflazione

E l’inflazione italiana, che ha disturbato i sonni delle famiglie negli ultimi due anni, è attesa mediamente intorno all’1% nel medio-lungo termine. Questo vuole anche dire che il rendimento netto reale del BTp Valore 2030 risulterebbe decisamente positivo. Cosa ci sarebbe di così ignorante dal punto di vista finanziario sottoscrivere titoli del genere? La concentrazione del rischio? Davvero pensiamo che l’Italia andrà in default? E, soprattutto, davvero crediamo che se i titoli del debito si polverizzassero, molti di quelli propinati dalle reti di consulenza rimarrebbero in vita?

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