Potrà sembrare banale, ma non c’è nulla di male nel chiedersi come funzionino esattamente le obbligazioni o bond. Un po’ come le azioni, sappiamo che i loro prezzi salgono e scendono nel corso di ogni seduta, pur con minore volatilità. In questo articolo, vi spieghiamo perché. Iniziamo da un concetto basilare: cos’è un’obbligazione?

E’ un debito emesso da una società, una banca o un ente pubblico e acquistato da un investitore. Questi riceve periodicamente una cedola come remunerazione per il suo prestito e fino alla scadenza prefissata, quando il bond verrà rimborsato a 100.

Il rapporto tra cedola e prezzi

Dunque, l’obbligazione viene emessa da chi ha bisogno di capitali e acquistata da chi ha risparmi da impiegare. La cedola è il tasso d’interesse che il debitore riconosce all’obbligazionista. Più il debito è considerato rischioso, maggiore l’entità della cedola, che dipende, però, anche dalle condizioni del mercato. Queste possono mutare nel tempo, per cui i rendimenti tenderanno a salire o a scendere. Ma una volta emesso, il bond offre sempre la stessa cedola, per cui risulterà più o meno allettante.

Per investire in bond conta la cedola, non solo il rendimento

Immaginate di avere acquistato all’emissione del 1998 il BTp novembre 2029 e cedola 5,25%. Oggi, questo titolo ha una durata residua di circa 9 anni. Ma il mercato non pretende più un rendimento di oltre il 5% per una simile scadenza, anzi si accontenta di meno dell’1% ormai. E così, questo titolo è diventato molto ghiotto e in tanti sono accorsi a comprarlo sul mercato secondario, dove viene negoziato. Di conseguenza, il prezzo è salito e oggi si aggira intorno a 140. Questo significa che per comprare un BTp dal valore nominale di 1.000 euro, bisognerà spenderne circa 1.400.

Se, per ipotesi, i rendimenti fossero saliti per una scadenza residua di 9 anni sopra la cedola offerta, il prezzo sarebbe sceso, perché per comprarlo gli investitori avrebbero preteso una quotazione più bassa.

Ecco, quindi, che prezzo e rendimento viaggiano in direzione opposta: l’uno sale e l’altro scende, e viceversa.

Non sempre cedole fisse

Fin qui, abbiamo supposto che la cedola sia fissa. Non è sempre così. Per attirare il mercato, specie se vi sono timori di perdita del potere di acquisto, molti emittenti offrono cedole legate all’inflazione (o ad altro indicatore segnalato sul prospetto informativo). L’obbligazionista riesce così a conoscere sin dall’inizio il tasso lordo reale che percepirà fino alla data del rimborso, dato che l’inflazione verrà pienamente compensata e non deprimerà il rendimento del suo investimento.

Cedola o rendimento, vediamo la differenza

Alcune obbligazioni di breve durata non corrispondono alcuna cedola, come nel caso dei Buoni ordinari del Tesoro (BoT) o dei CTz. In questo caso, il rendimento è dato dal maggiore prezzo di rimborso rispetto a quello pagato all’emissione. Altre obbligazioni, poi, consentono al titolare di convertirle in azioni della società emittente a o da una certa data e a un dato prezzo. L’obbligazionista si avvarrà di tale facoltà solo se risulterà conveniente sulla base dei prezzi delle azioni rispetto a quelli fissati per la conversione.

Infine, alcuni bond posseggono la clausola “callable”, cioè l’emittente si riserva la facoltà di rimborsarli anticipatamente alla scadenza, da una certa data. E non è detto che tutti i bond di scadenza ne abbiano una. Avere sentito parlare di bond “perpetuo”? In teoria, potrebbe non essere mai rimborsato e proprio per questa caratteristica il mercato pretenderà una cedola relativamente alta per acquistarlo in fase di emissione.

[email protected]