La seduta per i titoli di stato europei era iniziata bene, ieri. Il BTp a 10 anni scendeva di rendimento fin quasi al 4% e lo spread con il Bund si avvicinava ai 180 punti base. Con il passare delle ore, la risalita. Il decennale italiano sfiorava il 4,25% e il differenziale con il bond tedesco saliva verso 185 punti. Eppure la notizia arrivata dalla Spagna in mattinata all’apparenza è stata molto positiva: il tasso d’inflazione a marzo si è dimezzato dal 6% al 3,1%. Meglio di così! In attesa che oggi l’Eurostat diffonda il dato preliminare sull’inflazione nell’intera Area Euro, la direzione è stata senza dubbio quella giusta.

Poi è arrivato anche il dato tedesco: inflazione giù dall’8,7% al 7,4%, ma in questo caso il dato “core” sale dal 5,6% al 5,7%, ai massimi da oltre una trentina di anni.

Il fatto che i titoli di stato si siano deprezzati segnala che il mercato abbia interpretato negativamente i dati di Spagna e Germania. In effetti, il dato “core” è sceso soltanto dal 7,6% al 7,5%, mentre continua a salire nella prima economia europea. Ed è proprio questo che spaventa gli investitori. Al netto della componente energetica e dei generi alimentari, l’inflazione resta alta un po’ ovunque. Sembra ristagnare nel migliore dei casi. Nell’Area Euro, a febbraio è salita al 5,6%, segnando un nuovo record storico.

Titoli di stato giù su tassi BCE

C’è il rischio, quindi, che la Banca Centrale Europea (BCE) sia costretta ad alzare i tassi d’interesse ancora per un paio di volte. Questo è lo scenario scontato dal mercato, che intravede un picco dei tassi sui depositi bancari al 3,50% dal 3% attuale. I tassi di riferimento salirebbero, quindi, al 4% dal 3,50% di oggi. Drastica la lievitazione dei rendimenti anche per i titoli di stato a medio-breve scadenza. Il Bund a 2 anni è passato dal 2,63% al 2,78% in un’unica seduta, il BTp a 2 anni dal 3,11% al 3,25%.

Le scadenze più brevi riflettono le condizioni monetarie. In pratica, i titoli di stato tedeschi continuano a scontare una riduzione dei tassi nel medio termine, ma risalgono dai minimi delle scorse sedute. Ciò segnala la convinzione che la stretta della BCE proseguirà un po’ più a lungo di quanto previsto nelle scorse settimane. Ma non è tutto nero. I prezzi alla produzione a febbraio segnalano un rallentamento nella crescita tendenziale da +11,1% a +9,7% e un calo congiunturale dell’1% dal -7,5% di gennaio. Il dato “core” risulta in crescita rispettivamente dell’8,7% (da +9,7%) e dello 0,1%.

Sembra che l’inflazione in Italia sia destinata a una brusca frenata nei prossimi mesi. Per il momento, però, il mercato guarda con maggiore preoccupazione all’inflazione di fondo, quella monitorata con attenzione dalla BCE per decidere le sue prossime mosse di politica monetaria. Teme che, superata apparentemente la fase di tensione sui mercati a seguito della crisi bancaria, a Francoforte i “falchi” tengano il punto fino in fondo.

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