Siamo entrati in una nuova era sul mercato obbligazionario globale. Ci siamo messi alle spalle, apparentemente in via definitiva, la lunga fase dei rendimenti negativi, culminata nell’anno del Covid 2020. Se i Bund della Germania infliggevano perdite lungo l’intera curva delle scadenze fino a non molto tempo fa, adesso già i titoli a 3 mesi offrono il 3,70%. Un altro mondo. Unica realtà a rimanere estranea al nuovo corso è il Giappone. Qui, i tassi di interesse restano fissati a -0,10%. L’inflazione non ha mai impensierito più di tanto nei mesi passati, essendo arrivata a un apice del 4,3% a gennaio.

Nulla di confrontabile con quasi l’11% nell’Eurozona, tanto per fare un esempio. Eppur si muove qualcosa persino a Tokyo, con tanto di cattive notizie per gli eurobond.

Raddoppia cedola per bond 10 anni

Ieri, il ministro delle Finanze, Shunichi Suzuki, ha annunciato che la cedola per le emissioni del nuovo bond a 10 anni è stata raddoppiata allo 0,80%. Per le emissioni tra gennaio e settembre di quest’anno, era stata alzata allo 0,40%. Un segnale importante per il mercato. I rendimenti decennali sono arrivati proprio fino allo 0,80% dopo che a luglio la Banca del Giappone ha fatto presente che li avrebbe tollerati fino all’1%. La soglia massima di tolleranza era stata fissata nel dicembre scorso allo 0,50%, il doppio degli anni precedenti.

Alla base di questa decisione, la volontà di rifinanziarsi sui mercati più agevolmente. In un mondo in cui i rendimenti sui mercati avanzati arrivano anche al 4-5% per la scadenza a 10 anni, continuare ad offrire lo zero virgola non paga. I deflussi dei capitali stanno zavorrando il cambio, ai minimi da un anno. Per un dollaro servono ora 150 yen, una caduta del 12,50% per quest’anno. Tra settembre e ottobre dello scorso anno, la Banca del Giappone intervenne per la prima volta dal 1998 per mitigare le vendite di valuta domestica.

Cambio yen a 150 contro il dollaro

Concorrenza a eurobond aumenta

Tutto questo dipinge un quadro negativo per gli eurobond, cioè i titoli di stato emessi nell’Eurozona. Effettivamente, il raddoppio della cedola decennale nipponica favorisce i ri-afflussi dei capitali verso Tokyo. Pur restando bassissimi, i rendimenti nel Sol Levante sono attesi in aumento nei prossimi mesi, benché il nuovo governatore Kazuo Ueda abbia smentito che intenda restringere le condizioni monetarie. L’inflazione in Giappone è scesa al 3,2% e dopo decenni di deflazione non è avvertita come un grosso problema.

Resta il fatto che la concorrenza ai danni degli eurobond si acuisce. Tra T-bond americani al 4,80% e timidi segnali di adeguamento alle condizioni di mercato in Giappone, la domanda non è più così scontata sul nostro mercato continentale. Basti dare un’occhiata al cambio euro-dollaro per capire chi si stia avvantaggiando di questa fase. E anche questo contribuisce a tenere alti gli spread.

C’è, infine, un altro motivo per temere ripercussioni negativi sugli eurobond. La Forex Division della Banca del Giappone, su decisione del Ministero delle Finanze, potrebbe intervenire anche stavolta sul mercato valutario per arrestare la caduta dello yen. Il cambio contro il dollaro di 150 può essere considerato un limite invalicabile per Tokyo. In cosa consisterebbe l’intervento? Nella vendita di dollari per indebolirlo contro la valuta nipponica. Ciò presuppone, però, che l’istituto ceda sul mercato i T-bond americani posseduti tra le riserve. In soldoni, l’offerta di titoli di stato degli Stati Uniti aumenterebbe, i prezzi si ridurrebbero e i rendimenti salirebbero. Già oggi il decennale sfiora il 4,70%, ai massimi dal 2007. E più sale, più la pressione sugli eurobond si fa forte.

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