Il cambio tra dollaro e ringgit è salito a 4,79, portandosi a ridosso dei minimi toccati nel 1998, all’epoca della crisi delle cosiddette “tigri asiatiche”. La ragione di questa debolezza risiede nel calo delle esportazioni da un lato e nell’instabilità politica dall’altro, con quattro governi travolti da altrettanti choc sin dal 2018. Nell’ultimo anno, la valuta emergente perde quasi il 9% contro l’euro e il 7,5% contro il biglietto verde. E proprio per questo dovremmo prestare attenzione ai bond della Malaysia in valuta locale, in quanto offrirebbero un grosso potenziale nel caso in cui il cambio toccasse il minimo e dopodiché tornasse a salire.

Debito pubblico solido

Partiamo da alcuni dati: il debito pubblico malaysiano gode di rating medio-alti: A- per S&P, BBB+ per Fitch e A3 per Moody’s. Giudizi decisamente superiori a quelli assegnati all’Italia, tanto per avere un raffronto. Esso ammonta al 64% del PIL e solamente per l’1,6% di questi è denominato in valuta straniera. Considerato anche il settore privato, il debito estero a breve termine vale sui 27,5 miliardi di dollari. Le riserve valutarie sfioravano a gennaio i 115 miliardi, mentre la bilancia commerciale e le partite correnti, malgrado tutto, esitano saldi attivi.

Cambio debole con il calo delle esportazioni

Da questi dati emerge che non esisterebbero pressioni ribassiste sul ringgit derivanti dai bond della Malaysia e dalle altre scadenze private in valute forti. La debolezza del cambio si deve essenzialmente alla performance economica non brillante della Cina di questa fase, principale mercato per le esportazioni di Kuala Lumpur. E non crediate che il paese del sud-est asiatico si limiti a produrre e vendere all’estero materie prime come l’olio di palma. Un quinto del suo export è dato dai circuiti integrati.

Esportazioni Malaysia giù

Tra il 1998 e il 2005 la banca centrale impose un cambio fisso contro il dollaro a 3,8.

Non possiamo escludere che ciò avvenga anche nel prossimo futuro. In ogni caso, una risalita del ringgit dopo la crisi non è un’ipotesi remota. E ciò renderebbe appetibili i bond sovrani della Malaysia. Vi proponiamo un paio di esempi. La scadenza del 9 luglio 2029 con cedola 4,13% (ISIN: MYBGGO1900014) offre attualmente un rendimento del 3,58%, a fronte di una quotazione di circa 102,50. E la scadenza del 31 marzo 2053 con cedola 4,457% (ISIN: MYBMZ2300010) rende il 4,05%, acquistabile a 105,50.

Bond Malaysia, rendimenti bassi e ringgit debole

Sul piano dei rendimenti nominali, nulla di granché apprezzabile. I titoli di stato italiano offrono altrettanto o anche di più lungo la curva. Ma in una prospettiva di apprezzamento del cambio, la situazione sarebbe diversa. Ad esempio, riportandosi alla media dell’ultimo quinquennio contro l’euro, il ringgit offrirebbe un rendimento extra del 7% per i bond della Malaysia in valuta locale. Riusciremmo a diversificare il portafoglio, tenendo basso il rischio di credito e senza rinunciare al guadagno. La precondizione affinché si realizzi è che dal paese non giungano più notizie negative dal punto di vista della stabilità politica e che le esportazioni si riprendano. L’indebolimento del cambio dovrebbe contribuire alla seconda condizione.

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