Ieri, la Grecia ha raccolto altri 2,5 miliardi di euro attraverso l’emissione di due nuove tranche di titoli del debito pubblico. Nel dettaglio, ha collocato sul mercato altri 1,5 miliardi del bond 12 febbraio 2026 e senza cedola (ISIN: GR00114032577) e 1 miliardo con il bond 24 gennaio 2052 e cedola 1,875% (ISIN: GR0138017836). Molto alti gli ordini, rispettivamente a 9,3 e 9,6 miliardi, per cui quasi perfettamente ripartiti. Ne deriva che la domanda abbia superato l’offerta finale di 7,56 volte.

Quanto all’esito dell’operazione, avvenuta anche stavolta tramite collocamento sindacato, il Tesoro ha spuntato rendimenti pari a +38 punti base rispetto al tasso “midswap” a 5 anni per la tranche 2026 e +135 punti sul tasso “midswap” a 30 anni per la tranche 2052.

A conti fatti, il bond quinquennale costerà ad Atene lo 0,05% all’anno, quello trentennale l’1,65%. Tenuto conto che nella mattinata di ieri, i rendimenti vigenti per le due tranche sul mercato secondario fossero del -0,06% e 1,51% rispettivamente, il collocamento si sarebbe concluso a +11 nel primo caso e +14 punti base nel secondo.

Debito Grecia, rassicurazioni contro rischio default

Con questa emissione, la Grecia ha raccolto quest’anno 14 miliardi, un importo ben superiore a quello preventivato dal governo. Corrisponde all’8,5% del PIL del 2020. Una percentuale solo apparentemente contenuta, ma bisogna tenere conto che il governo non avrebbe alcun bisogno di emettere nuovo debito, disponendo già di abbondante liquidità per circa una ventina di punti di PIL. Ma sta approfittando dei bassi costi di emissione di questa fase per mettere quanto più fieno in cascina.

L’obiettivo di queste emissione è duplice: fronteggiare eventuali shock nel breve e medio termine e rassicurare gli investitori circa la capacità dello stato di pagare capitale e interessi anche sul debito contratto con i creditori pubblici europei, una volta concluso il periodo di grazia nel 2022. Più liquidità raccolta e minore il rischio teorico di default percepito. Certo, queste operazioni non possono andare avanti all’infinito, in quanto la Grecia finirebbe per pagare gli interessi al mercato su soldi che rimarrebbero inutilizzati.

Ad oggi, tale costo è risultato evidentemente inferiore al beneficio di attirare capitali dall’estero e abbassare la curva dei rendimenti.

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