A volte focalizzarsi troppo sul presente rischia di far perdere occasioni d’oro all’investitore. Tre anni fa, l’Austria emetteva il suo primo bond a 100 anni, con scadenza 20 settembre 2117 e cedola 2,10% (ISIN: AT0000A1XML2). Poiché il prezzo esitato fu di poco inferiore alla pari (99,50), il rendimento superava appena il 2,10%, ma sembrò così basso ai tempi, che tutto il mercato guardò con ammirazione alla capacità di Vienna di rifinanziarsi nel lunghissimo periodo a costi infimi. Oggi, quello stesso bond sul mercato secondario offre un rendimento di appena lo 0,45%.

Per capirci, già un BTp rende altrettanto dai 7-8 anni di durata residua.

All’epoca dell’emissione della prima tranche secolare austriaca, un investitore italiano avrà trovato stucchevole puntare su un asset così apparentemente poco redditizio, quando già il BTp a 10 anni offriva lo stesso rendimento. Perché mai espormi all’alto rischio di volatilità con un’obbligazione di fatto perpetua, se ho la possibilità di percepire lo stesso guadagno con una scadenza 10 volte più corta? Sta di fatto che oggi il bond austriaco quota alla bellezza di 211, ma il giorno dopo che l’Italia impose il “lockdown” e i mercati finanziari di tutto il mondo corsero a ripararsi dai rischi la quotazione arrivò al record di oltre 235.

Bond Austria a 100 anni: quale comprare tra le due scadenze per un trading aggressivo?

Guadagni a tripla cifra in breve tempo

In pratica, chi avesse acquistato questo titolo all’atto della sua emissione oggi avrebbe incassato cedole per un totale del 6,3% lordo e rivendendo maturerebbe una plusvalenza di almeno il 112%. In tutto, quasi il 120% di guadagno in appena 3 anni, pari a un rendimento medio composto del 29% all’anno. Questa è stata la remunerazione per avere scommesso su un asset apparentemente non appetibile, anche perché emesso da un cosiddetto “porto sicuro”, che per definizione attira capitali e sostiene costi di emissione molto contenuti.

Chi ci segue su Investire Oggi sa che l’Austria nel giugno scorso ha emesso un secondo bond a 100 anni, stavolta con scadenza 30 giugno 2120 e cedola 0,85% (ISIN: AT0000A2HLC4). Ha dovuto farlo per evitare di sostenere un costo ormai considerato altissimo con l’altro bond, la cui cedola del 2,10% risulta spropositata rispetto ai tassi con cui Vienna riesce a indebitarsi sui 100 anni. Certo, emettendo la scadenza 2117 avrebbe raccolto più del doppio della liquidità del valore nominale del titolo, potendola impiegare per abbattere le nuove emissioni, ma evidentemente il governo ha ritenuto più opportuno tagliare la testa al toro e procedere con una nuova scadenza.

Questo secondo bond a 100 anni offriva ieri un rendimento dello 0,50%, dato che la quotazione si aggirava sui 123,50, segnando un rialzo di quasi il 25% in circa 3 mesi. Anche in questo caso, chi ha rischiato di acquistare a prezzi già altissimi è stato premiato, in quanto l’obbligazione non ha fatto che apprezzarsi sin dal suo sbarco sul mercato. Se vogliamo, il successo di Vienna rispecchia il flop dell’economia mondiale. Non vi sarebbe ragione di accontentarsi delle briciole, a fronte di un investimento che dura diverse generazioni, se le cose andassero per il verso giusto e ci fossero crescita globale e appetito per il rischio. Basterà una leggera reflazione per mandare in rosso il bilancio dell’obbligazionista, cosa che la dice lunga sulle ragioni dell’appeal dei porti sicuri a tutt’oggi.

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