Mentre procede l’aumento di capitale di Monte Paschi di Siena (MPS), il bond subordinato più liquido in circolazione sul mercato recupera vistosamente. Ai prezzi minimi toccati nella prima metà di ottobre, il rendimento era esploso fino al 400% alla “call” fissata per il 18 gennaio prossimo (ISIN: XS1752894292). La quotazione era crollata, infatti, fino a 43 centesimi. Ieri, risultava balzata a quasi 74 centesimi. Una ripresa del due terzi, che non potrà che fare piacere ai possessori del titolo, i quali sono investitori istituzionali.

Più lontano rischio burden sharing

Ai prezzi di ieri, il rendimento era sceso al 165% per il caso in cui il bond MPS fosse rimborsato in anticipo tra meno di tre mesi. Se, invece, fosse rimborsato alla scadenza del 18 gennaio 2028, il rendimento sarebbe di poco superiore al 15%. Il tracollo delle scorse settimane era legato al timore che potesse essere varato il “burden sharing”. Le norme sui salvataggi bancari nell’Unione Europea (“bail-in”) prevedono, infatti, che prima di chiedere aiuto allo stato, gli istituti di credito devono ripianare almeno l’8% delle passività ricorrendo all’azzeramento delle azioni, delle obbligazioni subordinate, senior e dei conti correnti sopra i 100.000 euro.

Ma l’aumento di capitale di 2,5 miliardi di euro si sta concretizzando, per cui il rischio che lo stato italiano sia costretto a salvare la banca senese e che i bond MPS di tipo subordinato debbano partecipare alle perdite si è andato riducendo. Tuttavia, non possiamo affermare che si sia azzerato. Lo stato sta facendo la sua parte con 1,6 miliardi, pari al 64% del capitale. Altri 500 milioni arriveranno dalle sottoscrizioni promesse da fondi e banche private. Restano da reperire 400 milioni. In assenza di investitori, le banche del consorzio di garanzia copriranno con risorse proprie.

Rendimenti bond MPS restano alti

Il punto è che tale garanzia arriva dietro il pagamento di una maxi-commissione di 125 milioni. Denaro sul quale la Commissione europea potrebbe accendere i fari, in quanto percentuale elevata e sopra la media di mercato.

Il rischio è che sia considerato un aiuto di stato. In altre parole, il Tesoro azionista di riferimento pagherebbe le banche per partecipare al salvataggio privato dietro laute commissioni. Stiamo parlando di ipotesi, ma la storia travagliata di MPS insegna che c’è sempre da fare attenzione.

Del resto, non si calcolano più le ricapitalizzazioni avvenute negli ultimi quindici anni. Il bond subordinato recupera per via dei minori rischi di “burden sharing” nel breve periodo, ma non possiamo escludere che la questione torni di attualità tra alcuni mesi o qualche anno, comunque prima della scadenza. Gli alti rendimenti ancora oggi offerti segnalano che il problema non è affatto archiviato.

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