La Banca Centrale dell’Egitto si riunisce oggi per la prima volta quest’anno e per gli analisti non alzerà i tassi di interesse, lasciandoli al 19,25% sui depositi e al 20,25% per i prestiti alle banche. Ma l’istituto potrebbe finalmente proferire parola sull’ipotesi sempre più concreta di svalutazione del cambio. Sarebbe la quarta in meno di due anni, nel corso dei quali la lira egiziana ha dimezzato il suo valore contro il dollaro. Ma il problema è che resta sopravvalutata al tasso di cambio ufficiale di circa 31 a 1.

Al mercato nero, un dollaro è arrivato a costare più di 71 lire agli inizi di questa settimana. Il miliardario Naguib Sawiris ha definito “urgente” la svalutazione per arginare una crisi sempre più forte per l’economia domestica. Facciamo il punto sui bond egiziani. E’ il caso di adocchiarli con questi chiari di luna?

Alta inflazione e finanze al collasso

L’Egitto avrebbe raggiunto un’intesa “tecnica” con gli emissari del Fondo Monetario Internazionale (FMI) in visita a Il Cairo nei giorni scorsi. Alla presenza del premier Mustafa Madbouly, del ministro delle Finanze, Mohammed Maait, e del governatore centrale Hassan Abdallah, il piano sottoscritto comprenderebbe la svalutazione del cambio, il taglio della spesa pubblica e la vendita di svariati asset dello stato. In cambio, l’istituto sborserebbe non più i soli 3 miliardi di dollari stanziati nel 2022 per 46 mesi e di cui non ha ancora sganciato un centesimo, bensì 7. E il periodo di finanziamento si allungherebbe.

L’Egitto è alle prese con una grave crisi economica. L’inflazione urbana a dicembre è scesa al 33,7%, restando altissima. Le tensioni nel Mar Rosso stanno facendo collassare una fonte primaria di entrate per lo stato, cioè i diritti di transito versati dalle navi mercantili. Valgono l’8% delle entrate complessive. Tra l’1 e l’11 gennaio, risultano essere precipitate del 40% a seguito degli attacchi dei ribelli Houthi dallo Yemen.

E nel primo trimestre fiscale luglio-settembre del 2023, le rimesse degli emigranti sono crollate intorno al 30%.

Svalutazione del cambio possibile svolta

Nessuno porta valuta pesante nel paese nordafricano, visto che il tasso di cambio ufficiale è fuori mercato. Tutti aspettano la svalutazione del cambio, che risulta indispensabile per rimpinguare le riserve e rendere l’economia più competitiva. I bond egiziani potrebbero diventare un buon investimento con queste prospettive. La Turchia ha seguito questa strada sin dalla primavera dello scorso anno, anch’essa a seguito della rielezione del presidente uscente. Ha alzato i tassi di interesse e ha svalutato la lira. Le riserve sono risalite dagli abissi a cui erano state scaraventate e i bond sovrani in dollari si sono apprezzati fino al 20-25%.

La svalutazione del cambio comporta un rischio non indifferente per i bond egiziani. Aumentando il loro peso rispetto alle entrate in valuta locale, le probabilità di un default teoricamente salirebbero. Tuttavia, come abbiamo anticipato, la misura sarebbe accompagnata da (maggiori) aiuti dell’FMI. Questi sosterrebbero le riserve nel breve termine, consentendo all’Egitto di prendersi il tempo necessario per risollevarsi senza andare in bancarotta.

Bond egiziani ad alto rischio di credito

I bond egiziani sono “junk”, cioè ad alto rischio di insolvenza. Rating B- S&P e Fitch e Caa1 per Moody’s. Ad essere sinceri, il mercato non li tratta poi così male. I rendimenti lungo la curva si aggirano sopra il 15%. Tanta roba, ma non per un’economia sull’orlo del default. La scadenza in dollari del 31 gennaio 2027 e cedola 7,5% (ISIN: XS1558078736) vale meno di 80 centesimi, quella dell’1 marzo 2049 con cedola 8,70% (ISIN: XS1953057491) poco più di 60 centesimi. Offrono rispettivamente il 15,68% e il 15,21%.

Esistono anche bond egiziani denominati in euro. Un’emissione del genere è quella con scadenza 16 aprile 2030 e cedola 5,625% (ISIN: XS1807305328).

Tratta sul mercato in area 62,50 centesimi e offre un rendimento lordo del 15,40%. Tutti questi titoli hanno risentito anch’essi favorevolmente del trend rialzista registratosi sul mercato obbligazionario tra ottobre e dicembre, dopo ripiegando parzialmente. Ma l’adesione alle richieste dell’FMI segnerebbe una svolta, che gli investitori premierebbero.

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