E’ stato un terremoto finanziario in Germania, che ha portato alle dimissioni di Asoka Woehrmann, CEO di DWS. Saranno effettive a partire dal 9 giugno. La società di cui è a capo è una controllata di Deutsche Bank e in questi giorni è nell’occhio del ciclone per lo scandalo “greenwashing”. Una gola profonda ha spifferato alle autorità tedesche che la società di gestione patrimoniale avrebbe volutamente esagerato nei report ufficiali la portata dei suoi investimenti “verdi”. I giudici in Germania hanno avviato le indagini, che stanno svolgendo anche BaFin e SEC, rispettivamente le autorità del mercato tedesca e americana.

Starebbe effettivamente già emergendo che gli investimenti a favore dell’ambiente abbiano riguardato una minoranza di operazioni, mentre per la maggior parte di esse sarebbero state ignorate.

Il caso è particolarmente sensibile per tutto il segmento ESG, cioè delle obbligazioni sostenibili. Il solo mercato dei green bond ha visto emissioni nel 2021 per 500 miliardi di dollari nel mondo, che quest’anno sono attese raddoppiare di valore. Entro il 2025, raggiungerebbero la cifra dei 5.000 miliardi. Un immenso flusso di denaro raccolto da governi, banche e società con l’intento di contribuire alla riduzione dell’inquinamento.

Possibili ricadute sui green bond

Ma i green bond si prestano ad operazioni di pura facciata. Da anni si sospetta che molte emissioni, più che a puntare agli investimenti sostenibili, siano finalizzate a raccogliere capitali a basso costo, sfruttando le sensibilità ambientaliste di famiglie e investitori istituzionali. Questi sarebbero successivamente impiegati per l’ordinaria amministrazione. In pratica, il mercato sarebbe preso in giro. Del resto, non esistono obblighi normativi che costringano gli emittenti ad attenersi alle promesse indicate nei prospetti informativi. Tutto ruota attorno alla reputazione, ma se tutti barano, è come se nessuno barasse.

Per fortuna, non è così in moltissimi casi. Tuttavia, lo scandalo tedesco rischia di accrescere le attenzioni degli investitori in fase di selezione degli investimenti sostenibili.

L’alta domanda a ogni emissione di green bond non sarebbe più così automaticamente scontata, specie se dovesse nel prossimo futuro scoppiare un caso simile a quello di DWS. L’Italia dovrebbe emettere un secondo BTp green entro l’anno, mentre l’India è in procinto si sbarcare sul mercato con la sua prima emissione del genere. L’Unione Europea fa la parte del leone con circa 250 miliardi di euro di green bond attesi entro il 2026, qualcosa come 40 miliardi all’anno, il 30% dell’intero Recovery Fund. Sarebbe il primo emittente governativo/sovranazionale al mondo.

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