Non è un buon momento per i mercati emergenti. Paesi come Sudafrica e Turchia non sono riusciti quest’anno ad emettere nuovi bond per via delle avverse condizioni globali. L’aumento dei tassi d’interesse da parte delle principali banche centrali ha reso molto più costoso il debito sovrano e corporate in tutto il mondo. Per alcuni emittenti i costi sono diventati proibitivi. Non è stato così per la Giordania. Nella giornata di ieri, il Ministero delle Finanze e la Banca Centrale hanno annunciato l’emissione di un Eurobond.

Per l’esattezza, parliamo di un bond emergente dal valore di 1,25 miliardi di dollari. L’importo inizialmente previsto era di 750 milioni, ma da circa 230 investitori internazionali sono arrivati ordini per complessivi 4,7 miliardi. A quel punto, Amman ha potuto sia incrementare l’entità dell’emissione, sia ridurre il rendimento offerto.

Apprezzata la stabilità interna

La scadenza di circa 5 anni e mezzo (rimborso fissato per il 13 gennaio 2029) stacca una cedola annuale lorda del 7,50%. Pensate che lo scorso anno, sempre nel mese di giugno, la Giordania aveva emesso un altro bond a 5 anni e mezzo per 650 milioni e attirando ordini per 1,8 miliardi. La cedola fu fissata al 7,75%. Da allora, le condizioni di mercato sono nettamente peggiorate. Gli Stati Uniti hanno nel frattempo alzato i tassi d’interesse per altre sette volte, pari a 350 punti base cumulati o 3,50%.

Prova superata con successo. E’ stata premiata la prudenza fiscale e monetaria del paese, hanno dichiarato i responsabili delle istituzioni locali. Di certo, gli investitori hanno apprezzato anche la stabilità politica garantita dalla Giordania in un’area del mondo molto turbolenta. Va da sé che questo bond emergente comporta l’assunzione di un rischio di cambio per noi investitori dell’Area Euro. Se il dollaro perdesse terreno contro l’euro nei prossimi anni, il capitale alla scadenza varrebbe di meno e così anche le cedole che da qui ad allora saranno distribuite.

Bond emergente con rating “junk”, ma premio basso

Esiste anche un elevato rischio di credito, dato che per le agenzie di rating il debito giordano è “junk” o “spazzatura”. In pratica, non raggiunge i giudizi minimi per essere classificato come “investment grade”: B+ per S&P, BB- per Fitch e B1 per Moody’s. Lo scorso anno, il rapporto tra debito e PIL chiuse al 91%. Ma il dato più allarmante è forse un altro. Il debito estero a breve termine, cioè in scadenza entro 12 mesi, supera il livello delle riserve valutarie. Questo implica il rischio che il governo non disponga delle risorse necessarie per rimborsare i creditori esteri. In altre parole, la bilancia dei pagamenti può andare in crisi e richiederebbe una svalutazione del cambio.

In effetti, le basse riserve valutarie risentono della scarsa competitività del paese, che soffre di cronici deficit commerciali. Tutti elementi che dovrebbero indurci alla prudenza nel valutare se investire nel bond emergente appena sbarcato sul mercato. Anche perché, a voler essere sinceri, il premio offerto sul T-bond di pari durata non sembra così irresistibile: appena 360 punti base o 3,60%. Sembrano tanti, ma non tali da compensare il maggiore rischio derivante dai bassi rating. A titolo di confronto, il BTp in dollari in scadenza nell’ottobre del 2029 rende attualmente a premio di 110 punti base o 1,10%.

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