Le obbligazioni in corone norvegesi World Bank 1% 2022 offrono agli investitori un’opportunità di condividere la missione della Banca Mondiale e di partecipare al raggiungimento di obiettivi di crescita e sviluppo. Con questa emissione, la Banca Mondiale offre obbligazioni denominate in corone norvegesi, dedicate agli investitori retail che saranno quotate a partire dal 24 febbraio 2017 sul mercato MOT di Borsa Italiana, dove Bnp Paribas agirà in qualità di Liquidity Provider.

Obbligazioni World Bank 1% 2022 in corone norvegesi

 

Le obbligazioni World Bank, dette anche “Bond International Bank for Reconstruction and Development 1% con scadenza 2 febbraio 2022 in corone norvegesi”, sono state collocate a 100,099 per un importo di 1.000 milioni di corone norvegesi (NOK).

Il bond senior unsecured (codice ISIN XS1558422371) corrisponde una cedola a tasso fisso del 1% su base annuale il 2 febbraio. Su EuroMOT il titolo è negoziabile per importi minimi di 10.000 NOK circa 1.135 euro, e multipli analoghi. Il rimborso è previsto in unica soluzione a scadenza il 2 febbraio 2022. Per ulteriori informazioni, è possibile prendere visione del prospetto completo presso il sito della World Bank.

Vantaggi e svantaggi dei bond World Bank in corone norvegesi

 

Fra i vantaggi dell’investimento in obbligazioni World Bank in corone norvegesi c’è la solidità dell’emittente che gode di rating ai massimi livelli (AAA) da parte delle agenzie di internazionali di valutazione e la tassazione agevolata (12,5%) sui guadagni di borsa, cioè cedole e capital gain. Il rischio è che, in mancanza di adeguate coperture sul cambio alle quali sono abituate solo gli investitori professionali, si possa perdere l’intero guadagno in termini di rendimento da qui alla maturazione del bond per chi intendesse portare il titolo a scadenza. Tutto dipenderà dall’andamento del cambio: se la corona norvegese continuerà a rafforzarsi nei confronti delle monete forti, per l’investitore retail ci saranno ulteriori vantaggi, oltre a quelli offerti in termini di rendimento nominale.

Di contro, se la valuta tornerà a indebolirsi, allora anche i guadagni in termini di rendimento saranno inferiori.

L’economia della Norvegia

 

Come noto, l’economia norvegese dipende strettamente dalla vendita di petrolio nel Mare del Nord. Recentemente la riduzione dell’attività petrolifera nell’offshore norvegese ha ridimensionato le prospettive di crescita di breve e medio termine del Paese. Tale fenomeno, atteso dalle Autorità norvegesi e riconducibile al completamento di alcuni grandi progetti petroliferi del passato, è coinciso con un – inaspettato nelle dimensioni – calo dei prezzi dei prodotti energetici: il prezzo del barile di greggio (brent) è sceso negli ultimi 9 mesi da oltre 100 dollari a 55/60, mentre i prezzi di vendita del gas naturale norvegese si sono ridotti nel 2014 del – 11,9% circa. In conseguenza di ciò, nell’ultimo trimestre il PIL del Paese non è cresciuto ai ritmi previsti e le stime per il 2016 sono state riviste al ribasso.

Disoccupazione al 3,5%, economia solida

 

Il tasso di disoccupazione in Norvegia si è mantenuto intorno al 3,5% e le esportazioni della mainland economy (che esclude l’export di prodotti energetici, piattaforme e unità navali per il settore oil and gas) hanno ben reagito allo stimolo dato dal deprezzamento del cambio. Le Autorità politiche e monetarie del Paese concordano sulla necessità di avviare il percorso del modello di crescita economica che ha caratterizzato l’economia norvegese, attraverso azioni che rilancino la competitività dell’industria non legata all’estrazione e vendita dei prodotti energetici. Quest’ultima sarà chiamata in futuro a compensare il minor gettito del settore petrolifero, ed a rendere la Norvegia meno dipendente dall’andamento dei prezzi petroliferi. Il primo passo in questa direzione è la moderazione salariale ed una stabilizzazione dell’inflazione sul livello di lungo periodo del +2,5%. L’economia norvegese permane tuttavia solida e le famiglie norvegesi hanno sperimentato nell’ultimo quinquennio un’elevata crescita del proprio reddito disponibile, che è stata in parte utilizzata per incrementare il turismo all’estero.