Un lettore ci chiede come trovare obbligazioni sovranazionali in valute emergenti, similmente a quelle della Banca Mondiale in rand sudafricani, cedola fissa del 6,60% e scadute nel settembre scorso (ISIN: XS1488416592). Di seguito, segnaliamo qualche altro bond, in particolare dello stesso organismo internazionale. La Banca Mondiale ha emesso obbligazioni in lire turche e cedola fissa 12%, in scadenza nel marzo 2023 (ISIN: XS1791714147). Attualmente, si acquistano a 104, per cui rendono qualcosa come il 10,36%.

Tra le emissioni in valute emergenti, troviamo anche quelle in pesos messicani e cedola fissa 7%, in scadenza nel gennaio 2023 (ISIN: XS1757382079), che quotando sopra la pari (102,33), rendono il 6,10%.

Quelli in rubli russi, scadenza novembre 2020 e cedola 7,25% (ISIN: XS1523974027) offrono il 5,30% e di prezzo fanno circa 101,70. Infine, vi presentiamo il bond della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, emesso in rupie indiane e in scadenza nel febbraio 2023, con cedola fissa del 6% (ISIN: XS1766853367) e che rendono il 4,37%.

Dopo questa breve carrellata di titoli sovranazionali, ci chiediamo quali siano i pro e i contro nell’investirvi. I vantaggi appaiono evidenti: sono emessi da organismi con rating massimo, per cui il rischio di credito è da considerarsi nullo. Semmai, espongono solamente a quello di cambio, che per le valute emergenti è notoriamente elevato, essendo esse caratterizzate da alta volatilità. Dunque, essi offrono un premio, in termini di rendimento, legato essenzialmente al rischio valutario. Per contro, oltre a offrirci generalmente meno dei bond emergenti, questi titoli si caratterizzano anche per un basso grado di liquidità degli scambi, essendo perlopiù le emissioni di piccole dimensioni e in mano agli investitori istituzionali.

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Bond emergenti in valute forti?

E se investissimo in bond emessi da stati emergenti e denominati in valute forti? Qui, il rischio di cambio per un investitore dell’Eurozona è basso (per i titoli in dollari, sterline, yen, etc.) o nullo (per i titoli in euro), ma quello di credito dipende dal rating dell’emittente.

A tale proposito, abbiamo trovato due bond turchi, di cui uno in dollari e uno in euro. Il primo con cedola 6,25% e scadenza settembre 2022 prezza poco meno di 105 (ISIN: US900123BZ27) e viaggia su livelli di rendimento in area 4,35%, circa 270 punti base sopra l’omologo Treasury per durata. Il secondo con cedola 5,125% e scadenza 18 maggio 2020 (ISIN: XS0503454166) si aggira su un rendimento di poco superiore allo zero, che si confronta con rendimenti medi nell’area negativi su questa durata residua e con punte minime del -0,66% per il Bund.

Si tratta di due finalità di investimento differenti. Nel primo caso, si specula sui tassi di cambio, scommettendo che la cedola relativamente generosa offerta da un qualche organismo internazionale più che compensi il rischio, cioè che la valuta in cui si investe si apprezzi o si deprezzi nel tempo meno di quanto scontato dal mercato all’emissione o alla successiva data di acquisto del bond sul circuito secondario. Nel secondo caso, invece, si punta a scommettere sulla tenuta del debito emergente, cioè sull’affidabilità sovrana dell’emittente, confidando che non incorra in un qualche evento creditizio avverso. Se si persegue questa seconda strada, però, sarebbe opportuna una previa analisi di alcuni specifici dati macro, come segnalato in questo articolo di poco tempo fa: Investire in bond emergenti in valute forti? Ecco a cosa guardare per limitare i rischi

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