I rendimenti sovrani della Grecia ormai sono scesi stabilmente sotto quelli italiani. Il decennale di Atene offre oggi intorno all’1,25% contro l’1,35% dell’omologo BTp. E man mano che si spostiamo sul tratto lungo della curva, lo spread tra i due paesi si allarga a sfavore nostro. La scadenza più longeva per Atene è quella a 25 anni e rende l’1,60%, una soglia abbondantemente superata dall’Italia già a partire dai 15 anni. I bond tricolori conservano ancora un minimo vantaggio sul tratto medio-breve, se è vero che sui 12 mesi offriamo oggi rendimenti negativi per 17 punti base, mentre Atene quasi non conosce i rendimenti sotto lo zero.
Rischio Grecia più basso di quello italiano, così il mercato è finito per premiare Atene
Com’è possibile che i “sirtaki” bond abbiano sovrastato i nostri BTp? La prima risposta la offre la pandemia. La Grecia aveva già in diverse occasioni scavalcato l’Italia sui mercati finanziari nel 2019, preludendo almeno a un sostanziale allineamento degli spread. Tuttavia, questa tendenza positiva (per Atene) ha trovato impulso con l’allarme Coronavirus, dato che la crisi sanitaria ha investito l’Italia in misura notevolmente superiore. Ad oggi, meno di 3.400 casi e 200 morti in Grecia; numeri che, rapportati alla pur minore popolazione, fanno gridare al successo o almeno alla fortuna ad Atene.
A seguito del Covid-19, la BCE ha varato il PEPP, un piano di acquisti di assets, di recente potenziato a 1.350 miliardi di euro, per il quale anche i titoli di stato ellenici risultano eleggibili, malgrado il loro rating “non investment grade”. Ricordiamo, infatti, che ancora oggi con il “quantitative easing” non è possibile acquistare titoli del debito di Atene, in quanto di qualità troppo bassa. La novità di marzo ha fatto tornare gli investitori all’acquisto, con il rendimento a 10 anni ad essere crollato di 260 punti base dai massimi toccati tre mesi fa.
Effetto BCE e rischio boomerang
Certo, nel frattempo Francoforte ha acquistato anche BTp e in misura più che proporzionale rispetto al “capital key”, ma esiste una grossa differenza tra il debito sovrano ellenico e quello italiano: il primo è per l’80% in mano a creditori pubblici e solo per il restante 20% in forma di bond. Viceversa, il secondo è quasi essenzialmente stato contratto in titoli di stato e risulta del tutto in mano ai privati, fatta eccezione della quota a bilancio della BCE, come per qualsiasi altro stato dell’Eurozona. Ne consegue che alla Grecia bastino pochi acquisti per smuovere i prezzi all’insù, essendo il relativo mercato sovrano di scarne dimensioni, sostanzialmente pari a circa il 45% del pil di fine 2019, quando in Italia si viaggia attorno al 115%.
Infine, la Grecia non sta avendo bisogno di emettere debito sul mercato per finanziare il sostegno all’economia in questa fase drammatica di crisi, disponendo di liquidità abbondante con cui superare l’emergenza. Sono stati emessi ugualmente titoli a medio-lungo termine, tra cui un decennale e un quindicennale, ma al solo scopo di accrescere la liquidità e di approfittare dei bassi costi, rassicurando gli investitori sull’adeguatezza delle risorse possedute per affrontare la crisi e per superare le scadenze dei prossimi anni.
La Grecia ha raccolto 3 miliardi con il nuovo bond a 10 anni, domanda molto forte
C’è un rischio a cui si va incontro buttandosi nel debito ellenico, ovvero che la forte dipendenza dei prezzi dagli acquisti recenti della BCE possa tramutarsi in un’arma a doppio taglio per quando l’istituto cesserà il PEPP, verosimilmente tra un anno. A quel punto, sarebbe il mercato con le sue sole forze in grado di reggere i prezzi elevati di questa fase o i rendimenti si riporteranno ai livelli pre-Covid, sopra la curva italiana? Le prospettive economiche a breve appaiono terribili per entrambi i paesi, anche se dopo un decennio di caduta verticale, il pil ellenico dovrebbe mostrarsi in grado di risalire più velocemente.