Non può certo dirsi “buona la prima”. Anzi, ieri è stato come se gli investitori avessero risposto alla chiamata della Germania con un laconico “grazie, come se avessimo accettato”. Dei 2 miliardi di euro di Bund con scadenza nell’agosto 2050 e per la prima volta nella storia tedesca (e mondiale per un trentennale) senza cedola, infatti, il mercato ne ha richiesti appena 869 milioni e il governo federale ne ha collocati per soli 824 milioni. L’asta è andata tecnicamente scoperta, cioè la Bundesbank è dovuta intervenire per coprire la differenza, cioè il 60% del totale, mai percentuale così alta.

Certo, resta pur sempre il record di essere riusciti ad emettere debito pubblico trentennale al rendimento negativo dello 0,11%. E il fallimento dell’asta è dovuto chiaramente non già alla paura degli investitori, quanto all’accoglienza “fredda” di un rendimento troppo basso, anzi sottozero.

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Ma com’è possibile che i Bund vadano letteralmente a ruba, che sulla scadenza a 30 anni offrissero ieri il -0,18% prima dell’asta e che si sia registrato un simile flop? La risposta andrebbe ricercata tra le motivazioni che spingono il mercato ad accollarsi titoli tedeschi, ormai interamente in perdita per chi li acquista. Nessuno sarebbe così masochista da pagare il proprio debitore per prestargli denaro, a meno di non scontare uno scenario deflattivo, per cui il calo dei prezzi risulterebbe maggiore del livello (negativo) dei tassi d’interesse; ma non è questo il caso.

Il rischio di un zero coupon

Il fatto è che i Bund si comprano sia perché da fuori dell’Eurozona in molti scommettono sull’apprezzamento dell’euro, sia perché investitori istituzionali come banche, fondi e assicurazioni sono costretti dalle normative nazionali a detenere assets relativamente sicuri. E i Bund lo sono, godendo del rating “AAA”, il massimo possibile.

In più, la Germania non emette più debito, al netto del rinnovo delle scadenze, semmai lo riduce grazie agli avanzi di bilancio. Questo significa che circolano sempre meno Bund, mentre la BCE ne ha rastrellati per oltre 500 miliardi di euro. In sé, però, non esisterebbe alcuna corsa ai bond tedeschi, almeno non a certi rendimenti così bassi e a scadenze così lunghe.

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Infine, proprio la mancanza della cedola ha fatto il resto. Chi acquista il trentennale 2048 con cedola 1,50% deve oggi spendere 143 euro per un titolo che tra 29 anni verrà rimborsato a 100, ma fino ad allora otterrà un tasso d’interesse annuo pari all’1% dell’investimento. Poco, ma pur sempre qualcosa. E questo tasso funge da freno per la volatilità delle quotazioni nel caso di variazione dei rendimenti di mercato, cioè tende a rallentare la discesa dei prezzi quando il rendimento salirà. Lo zero coupon non pone alcun freno al calo potenziale, per cui si mostra più rischioso, a fronte anche di un flusso nullo di redditi fino alla scadenza e a prospettive di crescita dei prezzi alquanto pallide, dati i livelli già infimi.

Chi acquista il Bund 2050 allo 0%, dunque, si espone ad alti rischi per il caso di disinvestimento anticipato e non può ragionevolmente confidare in plusvalenze sostanziose che ne giustifichino l’investimento, se non per scopi che nulla abbiano a che vedere con l’intento di maturare guadagni. Viceversa, il quasi omologo per scadenza Bund 2048 garantisce un minimo tasso annuale, per quanto infliggerà alla scadenza perdite per circa il 30% dell’investimento realizzato. Nel frattempo, però, l’obbligazionista avrà incassato almeno le cedole, eventualmente reinvestite.

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