Quando sentiamo parlare di paradiso terrestre, in mente a molti di noi viene la Danimarca. Lo stato scandinavo ospita una delle popolazioni più ricche e felici del pianeta. PIL pro-capite sopra 60.000 dollari l’anno, invidiabile stabilità politica, sociale ed economica. La conflittualità è praticamente inesistente. Un altro mondo non così lontano dall’Italia. E anche sul piano finanziario ha da insegnare. Quanti di voi avranno sentito parlare del mercato delle obbligazioni ipotecarie danesi? Forse non tanti, eppure si tratta di un modello difficilmente imitabile e per questo ancora più invidiato all’estero.

Si tratta di un mercato da 450 miliardi di dollari, circa il 125% del PIL. Vediamo come funziona.

Quando un cittadino danese vuole comprare casa e deve richiedere un mutuo per permetterselo, si reca in banca. Fin qui, nessuna differenza con il resto del mondo. A questo punto, però, la banca non gli presta soldi suoi, perché le norme nazionali impediscono a chi eroga mutui di avere anche depositi dei clienti. E come fa? Emette obbligazioni ipotecarie fino all’80% del valore dell’immobile finanziato.

L’aspetto più curioso di questo schema consiste nel fatto che le condizioni offerte dal mutuo e dalle obbligazioni ipotecarie sono sostanzialmente uguali per durata e altre caratteristiche salienti. In questo modo, la banca trasferisce il rischio di credito sull’obbligazionista. Altra specificità danese: il mutuatario ha diritto quattro volte l’anno di acquistare alla pari le obbligazioni ipotecarie emesse per finanziargli il mutuo.

Obbligazioni ipotecarie a bassissimo rischio

Questo mercato è molto solido e le banche che emettono obbligazioni ipotecarie danesi vantano rating AAA, così come lo stato della Danimarca. Non a caso, un quarto del mercato è nelle mani di investitori stranieri, specie fondi pensione. Molti bond sono emessi, infatti, con una durata che si combacia perfettamente alle esigenze di questi investitori, vale a dire trentennale, quanto la scadenza di molti mutui erogati.

I rischi di credito sono molto bassi, anche perché le banche emittenti sono nelle condizioni di rivalersi sugli immobili offerti in garanzia dal mutuatario in tempi molto più rapidi di quelli generalmente vigenti altrove. Qualche tensione vi è stata nel decennio scorso a proposito dei cosiddetti “mutui only interest”. Essi consistono nel consentire ai mutuatari di pagare solamente gli interessi per il primo decennio, con il capitale rimborsato solo successivamente. Nei fatti espongono le banche al rischio di ritrovarsi clienti inadempienti dopo molti anni, quando l’importo della rata sale.

Per questo, le autorità finanziarie hanno varato alcune misure micro-prudenziali per contenere i rischi, tra cui limitando le erogazioni di questa tipologia di mutui e inasprendo i requisiti di accesso al mercato dei mutui per i clienti. Sta di fatto che le obbligazioni ipotecarie danesi sono un modello difficilmente esportabile per via delle peculiarità legislative, ma certamente ambito anche da grandi economie come gli USA. Gli americani hanno dimostrato di possedere un mercato dei mutui tutt’altro che solido e sicuro con la crisi dei “subprime” nel 2008.

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