Grande fermento sui mercati obbligazionari in Europa con il primo turno delle elezioni legislative in Francia di oggi, seguito dai ballottaggi tra una settimana. Le tensioni scontano la perdita nell’Assemblea Nazionale della maggioranza anche relativa per il presidente Emmanuel Macron, nonché o la vittoria della destra di Marine Le Pen o una situazione di impasse. Per gli investitori uno spartiacque di cui tenere conto per riposizionarsi sui mercati. Una possibile risposta può arrivare con i bond indicizzati all’inflazione.

Portafogli obbligazionari prediligono cedole fisse

I bond con cedola fissa sono la componente maggioritaria dei portafogli obbligazionari. Cosa c’è di meglio di ricevere flussi di reddito certi a scadenze predeterminate? Questo discorso, tuttavia, va bene quando l’inflazione è bassa o comunque stabile. Diventa problematico quando l’inflazione mostra una certa imprevedibilità; a quel punto, le cedole non è detto che saranno in grado di coprire almeno la perdita del potere di acquisto patita.

Rischi da inflazione futura

L’inflazione nell’Eurozona è in calo dai massimi toccati alla fine del 2022, pur essendo risalita a maggio al 2,6%. Continua a sostare sopra il target del 2%. La Banca Centrale Europea stima che scenderà appena sotto il 2% nel 2026. Finché parliamo di qualche decimale in più o in meno rispetto al tasso-obiettivo, nulla che debba impensierirci. In realtà, ci sono diversi segnali che svelano come le cose possano presto mettersi peggio del previsto. Nelle settimane precedenti alle elezioni europee, Macron rilasciò un’intervista in cui invocò la revisione dello statuto BCE seguendo l’esempio americano del doppio mandato. La policy, spiegò, dovrà tollerare un’inflazione più alta per non strozzare eccessivamente il ciclo economico dinnanzi alla necessità di investire pesantemente in favore della transizione energetica e in vista del “reshoring” in corso.

Parole che tradiscono una convinzione diffusa tra i governi, ovverosia che nei prossimi anni debbano cambiare i paradigmi su cui si è retta l’economia nei decenni della globalizzazione.

Questo ci spinge a credere che i bond indicizzati all’inflazione siano ancora sottovalutati. Per quanto riguarda BTp€i e BTp Italia – i primi legati all’inflazione Eurostat e i secondi a quella Istat – scontano rispettivamente una crescita dei prezzi al consumo nel lungo periodo inferiore al 2% e di poco superiore all’1%. Previsioni a dir poco ottimistiche, se si pensa che anche la corsa al riarmo nei prossimi anni potrà contribuire a surriscaldare le tensioni geopolitiche e con esse i prezzi delle materie prime.

Bond indicizzati all’inflazione investimento previdente

C’è anche la seria possibilità che Donald Trump torni alla Casa Bianca dopo le elezioni presidenziali del novembre prossimo. Potremmo tornare a sentir parlare di Trumpflation, ossia dell’inflazione scatenata dai dazi anti-cinesi e da politiche di sostegno alla crescita economica, nonché dal rimpatrio di parti delle catene di produzione ad oggi fuori dagli Stati Uniti. I bond indicizzati all’inflazione sono come le polizze di assicurazione. Conviene acquistarle quando costano poco, magari perché il mercato valuta fin troppo basso un dato rischio. Se questo si materializza, però, l’affare lo avranno fatto coloro che si erano mostrati previdenti.

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