Quando in Europa si iniziò a parlare di spread, eravamo all’indomani della crisi finanziaria mondiale del 2008-’09. I protagonisti del dibattito di allora furono il ministro dell’Economia italiano, Giulio Tremonti, e il collega alle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble. Il primo lanciò la proposta degli Eurobond, emissioni di debito europeo. Il secondo la respinse, sostenendo che il popolo tedesco non fosse pronto per una rivoluzione di questa portata. Da allora è passato un quindicennio e Schaeuble è passato a miglior vita.

La politica europea, anzi mondiale, è molto cambiata, mentre Bruxelles è rimasta la stessa di sempre: inconcludente.

Solito scontro Nord-Sud Europa

Di spread si è tornati a parlare nelle scorse settimane dopo che persino la Francia ha registrato qualche scossone con lo scioglimento a sorpresa dell’Assemblea Nazionale da parte del presidente Emmanuel Macron. Nessuno è mai riuscito a sbrogliare la matassa. I punti di vista divergono profondamente da Nord a Sud dell’Europa. I cosiddetti paesi frugali temono che un debito europeo finisca per aumentare la loro spesa per interessi e a peggiore il disordine fiscale nel Sud.

Proposta del Prof Favero

Il Prof di Econometria all’Università Bocconi di Milano, Carlo Favero, ha lanciato una proposta per cercare di mettere assieme due opposte esigenze: la prudenza fiscale e rendimenti non divaricanti nelle fasi di crisi. L’idea alla base sarebbe questa: un’agenzia comunitaria emetterebbe debito europeo al posto degli stati nazionali. Come? Raccogliendo capitali sui mercati, che poi presterebbe a tutti gli stati membri, ma a condizioni leggermente differenti. In pratica, tassi più bassi a chi si comporta meglio e più alti a chi ha conti pubblici peggiori.

Questo sistema, spiega Favero, eviterebbe rendimenti divergenti tra stati e sganciati dai fondamentali macroeconomici nei momenti di crisi, nonché la creazione di un safe asset europeo di cui il mercato avverte da tempo molto bisogno.

Certo, esistono nodi irrisolti. Parrebbe di capire che il debito europeo coprirebbe le emissioni nazionali a copertura delle scadenze, non anche dei nuovi disavanzi fiscali. Se da un lato ciò appare persino auspicabile per indurre i governi a risanare i conti pubblici, dall’altro rischia negli anni di rivelarsi insufficiente. Va da sé che il pareggio di bilancio non sarà mai raggiunto stabilmente da tutti gli stati e, quindi, anno dopo anno le emissioni di debito europeo rischierebbero di assumere una rilevanza sempre minore.

Debito europeo non vantaggioso in Nord Europa

Il Prof Favero è avveduto a sufficienza per capire che una simile proposta sarebbe osteggiata dai soliti noti. La Germania non vuole in alcun modo rinunciare alla propria autonomia fiscale, ben consapevole che Berlino continuerà anche nei prossimi anni a rifinanziarsi sui mercati a costi verosimilmente più bassi di quelli spuntati dal cosiddetto debito europeo. Per quanto non si tratterebbe di una forma di mutualizzazione, i vantaggi si percepirebbero solamente nel Sud Europa. Per quale ragione il Nord dovrebbe rinunciare a indebitarsi in autonomia e a costi vantaggiosi? Solo un reciproco beneficio avallerebbe la ricerca di una qualche soluzione. E neanche la proposta del Prof sembra andare in tale direzione.

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