Quando acquistiamo i bond, la prima cosa a cui guardiamo sono i rendimenti alla scadenza. Essi diventano uno dei principali parametri, se non spesso il principale, per valutare la bontà di un investimento. A parità di rischio di credito teorico, ad esempio, sceglieremmo un rendimento del 4% all’anno, anziché del 3%. Il condizionale resta d’obbligo per diverse ragioni. In primis, perché se la valuta di denominazione del titolo è differente, anche il rendimento effettivo può variare. In sostanza, ci si assume un rischio di cambio.

Secondariamente, molto dipende dalla cedola. Posso ottenere il 4% acquistando un bond decennale alla pari al tasso proprio del 4% o a un prezzo di circa 80 centesimi con cedola all’1,40%.

Rendimenti bond, cedola non indifferente

Sembra lo stesso, ma le due situazioni si presentano molto differenti. Nel primo caso, il bond mi genera annualmente un reddito lordo del 4%. Nel secondo, mi genera un reddito lordo pari all’1,75% dell’investimento. Dovrò aspettare la scadenza per ottenere quel 25% di plusvalenza, che a posteriori mi eleverà il rendimento al 4% su base annuale. In periodi di alta inflazione, come negli anni passati, il secondo bond non farebbe molto il mio interesse di investitore, in quanto incasserei un reddito insufficiente a coprire la perdita del potere di acquisto.

Perché calcolo del rendimento sempre semplice

La buona notizia per gli obbligazionisti è che i rendimenti dei bond possono risultare superiori a quelli ufficiali quando avviene l’investimento. Non è una sorpresa, pur positiva, che il mercato vi rifila per farvi contenti. Tutto ha a che fare con il concetto di reinvestimento delle cedole. Il rendimento viene calcolato senza tenere in considerazione che le cedole nel frattempo incassate possano a loro volta essere reinvestite e produrre interessi. In altre parole, il rendimento calcolato è semplice, mentre nella realtà è probabile che sarà composto.

Perché non viene mai prospettato il rendimento composto? In primis, perché nessuno sa se l’obbligazionista reinvestirà o meno le cedole.

Egli può limitarsi ad incassarle per integrare il proprio reddito, cosa che può benissimo accadere quando le cifre in gioco sono modeste. Inoltre, nessuno sa quando avverrebbe il reinvestimento, se nello stesso giorno dell’incasso o successivamente. Infine, quale tasso applicare ai reinvestimenti? In teoria, potremmo decidere di utilizzare lo stesso rendimento (semplice) del bond alla scadenza. Tuttavia, i tassi di mercato possono variare in rialzo o in ribasso e mutare anche considerevolmente l’esito del calcolo.

Caso zero coupon

In una sola occasione il rendimento è interamente calcolato in maniera composta: con gli zero coupon. In quel caso, non essendovi alcuna cedola staccata durante la vita del titolo, il tasso a cui effettuare il calcolo deve tenerne conto. Ciò deprime il rendimento rispetto al calcolo semplice usuale. Ad esempio, se acquisto un bond decennale zero coupon a 50 centesimi (100% di guadagno in conto capitale), con il tasso composto ottengo un rendimento medio annuo lordo del 7,18%. Con il tasso semplice avrei un rendimento del 10%.

Rendimenti bond su con cedole reinvestite

Più basse le cedole, minore la distanza tra il rendimento usuale e quello che otterrei reinvestendo le stesse. E questo è chiaro. Dunque, i rendimenti dei bond tendono a salire tanto più nel caso di reinvestimento, quanto maggiori sono i tassi cedolari. In periodi di tassi in rialzo (e prezzi calanti), il reinvestimento delle cedole può perlomeno attutire parte delle perdite patite tenendo in portafoglio un bond deprezzato.

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