In una fase così avida di rendimento, le migliori opportunità di investimento si trovano non solo assumendosi maggiori rischi di credito, tra l’altro buttandosi sui mercati emergenti o rovistando tra gli emittenti “junk”, bensì anche puntando sulle scadenze più lunghe. Una di queste opportunità ci viene offerta oggi dalle obbligazioni “callable” di Petrobras con scadenza 5 giugno 2115 e cedola 6,85% (ISIN: US71647NAN93), denominate in dollari americani. Venerdì, il titolo scambiava a 111,54, decisamente sopra la pari e al prezzo di emissione di 81 centesimi nel 2018.

Offriva, quindi, un rendimento di poco superiore al 6%.

Obbligazioni Petrobras, guadagni a doppia cifra in poche settimane e alte cedole

A marzo, all’apice delle tensioni finanziarie seguite alla diffusione della pandemia, lo stesso bond arrivò a quotare fino a un minimo di 77,72 centesimi. Peraltro, essendo il debito emesso da una compagnia petrolifera, il titolo risentì piuttosto direttamente e duramente del crollo delle quotazioni del greggio, scese in aprile fin sotto i 20 dollari al barile, mai così basse dalla fine degli anni Novanta.

E dire che poco prima del tracollo, in scia all’apprezzamento dei mercati obbligazionari globali, era arrivato a un massimo di 128,47 centesimi. Dunque, dai minimi dell’anno si è ripreso di ben il 43,5%, facendo la fortuna di chi ha avuto il coraggio e la scaltrezza di entrare sul mercato al raggiungimento dei minimi.

Rischi e opportunità

Obbligazioni ultra-lunghe come questa offrono grosse opportunità nelle fasi rialziste, ma altrettanti rischi in quelle ribassiste. I prezzi tendono a impennarsi quando i rendimenti scendono, a crollare quando questi salgono. Un restringimento delle condizioni monetarie sui principali mercati non è in vista da qui al medio periodo. Questo sostiene le quotazioni del bond Petrobras 2115, specie considerando che gli investitori siano a caccia di rendimento e che stiano scontando anche una risalita delle quotazioni petrolifere nei mesi e negli anni futuri ai livelli pre-Covid.

Ma il principale rischio per lo stesso obbligazionario si chiama reflazione. Dopo una fase di rallentamento o di riduzione dei prezzi al consumo, ci si aspetta un’accelerazione dei loro tassi di crescita, già apparentemente avviatasi. Ciò impatterà inevitabilmente sui rendimenti nominali richiesti dal mercato. Di conseguenza, le quotazioni dovrebbero diminuire.

Nel caso specifico, però, se la reflazione fosse trainata dalla risalita del Brent, Petrobras aumenterebbe il fatturato e il suo rischio di credito si ridurrebbe, spingendo il mercato a investire sul suo debito. Se ne gioverebbero proprio titoli lunghi come questi, almeno fino a quando gli spread non stringerebbero a tal punto da risultare troppo bassi. In un mondo in cui il Treasury a 30 anni offre ancora meno dell’1,40%, il 6% di Petrobras si mostra elevato. Ma se la reflazione nel tempo dovesse spingere il trentennale americano, ad esempio, in area 2,50-3%, il rendimento extra offerto dalla compagnia brasiliana non sarebbe più congruo. A quel punto, il bond inizierebbe a deprezzarsi.

Per quanto euforici possano diventare gli investitori a fronte di quotazioni petrolifere in crescita, non ignoreranno i rating “spazzatura” dell’emittente, 3 gradini sotto il livello minimo per l’area “investment grade”. Dunque, grosse opportunità di guadagno fino a quando i tassi rimarranno bassi, grossi rischi di perdite per il caso di rialzi. Infine, il cambio: l’indebolimento atteso del dollaro contro l’euro per i prossimi anni abbassa il rendimento effettivo e impone perdite potenziali all’atto di un eventuale disinvestimento anticipato, deprimendo anche il valore delle cedole semestrali nel frattempo corrisposte.

Obbligazioni Petrobras in dollari: cedole sostanziose, ma quali rischi?

[email protected]