Mai così distanti sul piano politico, perlomeno da diversi decenni a questa parte, eppure le distanze sui mercati non erano state così basse sin da prima che esplodesse la crisi dei debiti sovrani. Lo spread tra Italia e Francia è crollato sotto i 70 punti base per la scadenza decennale. Venerdì scorso, il BTp a 10 anni offriva un rendimento di poco superiore al 3,50% e l’Oat francese viaggiava a quasi il 2,85%. Gli investitori pretendono ancora un premio per acquistare i titoli di stato italiani al posto di quelli francesi, ma questi si è più che dimezzato nell’ultimo anno.

Distanze ridottesi sotto governo Meloni

Nell’ottobre del 2023, i rendimenti sovrani sui mercati internazionali raggiunsero l’apice sulle prospettive che i tassi di interesse sarebbero rimasti un po’ ovunque alti a lungo. L’inflazione non scendeva e gli investitori reagirono di conseguenza. In quella fase, il BTp a 10 anni arrivò a rendere il 5%, l’1,40% in più dell’omologo francese. Lo spread tra Italia e Francia era, dunque, intorno ai 140 punti base. E due anni fa, pochi giorni prima che Giorgia Meloni entrasse a Palazzo Chigi, era salito a 180 punti o 1,80%.

Lo spartiacque, per noi negativo, si ebbe in quel maledetto mese di maggio del 2010. Uscì fuori che il deficit della Grecia fosse superiore al 15% del Pil, circa il doppio delle precedenti stime del governo di Atene. I mercati tolsero la fiducia al debito ellenico ed esplose la crisi, che contagiò progressivamente tutto il Sud Europa. In quel mese, lo spread tra Italia e Francia debuttava a 45 punti o 0,45% per finire sopra i 120 punti o 1,20%. Il premio richiesto dagli investitori per investire sul debito pubblico italiano anziché francese di fatto triplicò in poche sedute.

Resto del Sud Europa fa meglio

L’avere cancellato dopo tutti questi anni gli effetti deleteri della crisi è tanta roba, anche se bisogna essere onesti con noi stessi: avremmo potuto e dovuto fare di più.

Pensate che i bond del Portogallo offrono rendimenti inferiori a quelli francesi, mentre lo spread in Grecia e Spagna è significativamente più basso. In pratica, gli stessi paesi epicentro della crisi se la passano meglio di noi in termini di sicurezza fiscale percepita. Resta il fatto che le agenzie di rating non abbiano prestato sufficiente attenzione ai movimenti dei mercati. I loro giudizi si confermano severissimi verso i BTp, mentre appaiono di manica larga con i bond francesi. BBB/BBB/Baa3 contro AA/AA-/Aa2.

In questo quindicennio, molte cose sono cambiate. L’Italia aveva un debito pubblico più alto della Francia del 50% rispetto al Pil. Adesso, la percentuale risulta dimezzata. Sul piano politico ne abbiamo combinate di tutti i colori (letteralmente), ma Parigi non è stata da meno ultimamente. Il presidente Emmanuel Macron ha da poco nominato un premier “tecnico”, l’ex commissario Michel Barnier, pur privo di una maggioranza all’Assemblea Nazionale. Si reggerà sul buon cuore della destra di Marine Le Pen, quella che si prefiggeva di escludere dalla vita pubblica con il voto anticipato di giugno/luglio.

Spread Italia Francia può scendere ancora

Nascondere la polvere sotto il tappeto non serve. Il debito pubblico italiano resta troppo alto e nessun governo è mai riuscito a mettere mano agli eccessi di spesa. Ma è altrettanto vero quanto traspariva dalle parole del presidente Sergio Mattarella, pronunciate pochi giorni fa al Forum di Cernobbio. Il nostro debito è “onorabile”, i giudizi delle agenzie di rating o sono eccessivamente severi con noi o sono blandi con gli altri. Lo spread tra Italia e Francia potrebbe persino azzerarsi se cambiasse, anzitutto, la nostra stessa narrazione sui conti pubblici. L’autofustigazione quotidiana sarebbe dovuta servire a condurci verso una gestione fiscale più sana, mentre è servita solamente a peggiorare il clima sui mercati e tra le cancellerie straniere attorno a Roma.

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