Non c’è stata alcuna sorpresa. Come da previsioni, la Banca Centrale Europea (BCE) ieri ha aumentato i tassi di interesse per la nona volta consecutiva e ritoccandoli dello 0,25%. I tassi di riferimento sono passati dal 4% al 4,25%, sui depositi bancari dal 3,50% al 3,75% e sui rifinanziamenti marginali dal 4,25% al 4,50%. A seguito del comunicato e della successiva conferenza stampa pomeridiana del governatore Christine Lagarde, lo spread tra BTp e Bund a 10 anni è rimasto sostanzialmente invariato in area 162 punti base o 1,62%. I rendimenti sovrani decennali sono scesi, invece, sotto il 4,05% dal 4,10% della seduta precedente.

L’istituto ha ribadito che l’inflazione nell’Eurozona stia restando “alta troppo a lungo” e che la stretta di ieri si è resa necessaria per farla tendere al target di medio periodo. Nessun impegno per settembre, invece. L’istituto deciderà sulla base dei dati macroeconomici per allora disponibili. Lagarde ha anche tenuto a precisare che la decisione di ieri è stata adottata “all’unanimità”. Sarebbe il segnale di un possibile accordo tra “falchi” e “colombe” per giungere ad un compromesso che vada bene a tutti.

E c’è stata un’altra misura ad essere cambiata insieme all’aumento dei tassi di interesse. I tassi sulle riserve obbligatorie delle banche sono stati azzerati. Nell’ottobre scorso, erano stati allineati ai tassi sui depositi bancari. Quindi, a giugno erano saliti al 3,50%. Questa soluzione ridurrà l’ammontare degli interessi che la BCE deve corrispondere periodicamente alle banche, si legge nel comunicato.

Rischio tassi più bassi sui conti deposito

Cosa sono le riserve obbligatorie e quali implicazioni possibili di politica monetaria? Le banche devono mantenere una certa liquidità presso la BCE sulla base delle loro passività, essenzialmente depositi dei clienti ed emissioni obbligazionarie. Queste si definiscono riserve obbligatorie, al di sopra delle quali la BCE remunera i depositi secondo i tassi approvati di riunione in riunione.

Non possono risultare inferiore all’1% ai depositi bancari. L’azzeramento dei tassi su di esse dovrebbe “preservare” gli obiettivi di politica monetaria, stando al comunicato di ieri. C’è da dire, in effetti, che le banche non possono sottrarsi alle riserve obbligatorie, quali che siano i tassi applicati. In altre parole, la loro reazione teoricamente non dovrebbe esserci.

Nella realtà, le cose stanno un po’ diversamente. Se le banche riducono i depositi, avranno bisogno di depositare presso la BCE minore liquidità. Per farlo, potrebbero offrire tassi di interesse più bassi ai clienti. E questo non sembra coerente con l’indirizzo di questi mesi di Francoforte. La trasmissione della politica monetaria presuppone, invece, che l’aumento dei tassi si diffonda nell’economia, così da colpire gli investimenti e incentivare i risparmi. Chiaramente, non è detto affatto che le banche disincentivino i depositi dei clienti, specie se avessero bisogno di liquidità per continuare ad erogare prestiti all’economia reale.

Spread giù con tassi azzerati su riserve obbligatorie?

Da un punto di vista prettamente tecnico, però, i bond uscirebbero vincitori da questa misura. Se le banche dovessero disincentivare i clienti nell’aumentare o anche solo mantenere la liquidità su conti correnti e conti deposito, questi accrescerebbero ulteriormente le loro esposizioni verso i titoli di stato, specie di breve durata. Se così, i rendimenti dei BTp scenderebbero nei prossimi mesi. E lo spread si restringerebbe sul tratto medio-breve. Attualmente, il BTp a 2 anni offre un premio di 60 punti base o 0,60% sul Bund di pari durata. Da notare che quest’ultimo ieri è sceso di otto punti sotto il 3,20%. Ennesimo segnale circa le aspettative del mercato nella direzione di un allentamento monetario nel medio termine.

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