Con un’inflazione tedesca ancora al 2,2% a giugno, i Bund a 10 anni offrono attualmente il 2,45%. In termini reali, qualcosa come appena un quarto di punto percentuale lordo. Il rendimento era salito fino a un massimo del 2,70% a fine maggio. Dunque, la fase più promettente per i risparmiatori sarebbe persino alle spalle. E se vi dicessimo che i titoli di stato della Germania risulterebbero ancora deprezzati, ossia che i loro rendimenti potrebbero scendere ancora, ceteris paribus?

Acquisti bond con QE

Come sapete, è il solito gioco della domanda e dell’offerta a fissare il prezzo di un asset.

Nel caso dell’obbligazione, questo risulta essere correlato inversamente al rendimento. Se l’uno sale, l’altro scende. E viceversa. La domanda è influenzata da numerose variabili, tra cui il grado di intervento delle banche centrali sul mercato. Sappiamo che nell’ultimo decennio la Banca Centrale Europea (BCE) si è buttata a capofitto sui bond sovrani per iniettare liquidità sui mercati e cercare di rianimare l’inflazione nell’Eurozona.

Questa politica monetaria ultra-espansiva è stata cessata gradualmente dal 2022, in coincidenza con il boom dell’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse per contrastarlo. Gli acquisti condotti con il Quantitative Easing (QE) sono terminati da due anni, ma fino al febbraio del 2023 i reinvestimenti delle scadenze erano pieni. Dal marzo 2023 fino al mese scorso sono avvenuti in misura parziale e da questo mese non ci sono più reinvestimenti. Non a caso l’entità del programma in un paio di anni risulta diminuita di circa 400 miliardi di euro.

Segnali da “capital key” BCE

Ancora al 30 giugno, comunque, la BCE possedeva tramite il QE titoli di stato della Germania per quasi 570 miliardi, della Francia per 478,5 miliardi e dell’Italia per altri 390 miliardi. In tutto, quasi 2.433 miliardi di bond sovrani in portafoglio. Le quantità assegnate a ciascuno stato non sono casuali.

Esse riflettono le dimensioni economiche dei singoli stati dell’Eurozona e riflesse dalla quota di ciascuna banca centrale nazionale nel capitale della BCE. Seguendo il principio del cosiddetto “capital key”, alla Germania spetterebbero acquisti per il 26,63% del totale, alla Francia del 20% e all’Italia del 16%.

Stando ai dati del mese scorso, i titoli di stato della Germania incidevano per il 23,41% del portafoglio sovrano, quelli della Francia per il 19,66% e i BTp per il 16%. Dunque, Italia e Francia sono sostanzialmente in linea con i rispettivi target, mentre mancherebbero all’appello Bund per oltre 78 miliardi al solo fine di tendere alla quota loro spettante. In altre parole, la BCE sta comprimendo artificiosamente i prezzi degli asset tedeschi, facendone salire i rendimenti e restringendo così gli spread con le altre economie dell’area.

Titoli di stato in Germania ancora deprezzati

Se non ci fosse la BCE, quindi, BTp, Oat, ecc., prezzerebbero di meno e renderebbero di più. Al contrario, i titoli di stato in Germania sarebbero ancora più avidi di rendimento, cioè più apprezzati. Per quanto questa condizione possa rimanere tale per chissà quanti anni ancora, il dato di fatto è che i Bund siano deprezzati per mano istituzionale. E questo è un segnale che non va ignorato da chi vuole entrare sul mercato obbligazionario nel prossimo futuro.

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