La legge di Bilancio dovrà essere approvata dal Parlamento entro la fine di dicembre e tra le numerose misure inserite nella manovra dal governo Meloni, due stanno attirando le attenzioni dell’opinione pubblica più di altre. Una riguarda l’obbligo del POS e l’altra i pagamenti in contanti. Sin dal 2019 esiste una legge per cui i negozianti devono accettare i pagamenti elettronici dei clienti. Ma solamente dal giugno di quest’anno sono state fissate sanzioni a carico dei trasgressori: 30 euro fissi più il 4% della transazione rifiutata.
Obbligo POS e tetto al contante
Dal 2023, stando alla manovra del governo, l’obbligo del POS scatterà solo per pagamenti da 60 euro. Fino a 59,99 euro, quindi, il negoziante può rifiutarsi di accettare pagamenti con carta. E poi c’è il tetto ai pagamenti in contanti, che anziché scendere da 2.000 a 1.000 euro dal 2023, salirà a 5.000 euro. In molti hanno notato una sorta di “fil rouge” tra le due misure. Perlopiù, con visione critica.
Il legame tra allentamento dell’obbligo del POS e innalzamento del tetto ai contanti esiste e consiste proprio nel ripristinare la realtà dopo un decennio di martellamento ideologico contro l’uso di banconote e monete. E’ stato detto di tutto: che siano fonte di corruzione, malavita, evasione fiscale, che infliggano costi all’economia e (in pandemia) persino che siano poco igienici. Eliminare il contante e tendere a una società “cashless” è il sogno di buona parte della politica europea.
Accettare contanti è obbligatorio
Ma il governo italiano sta semplicemente riportando le cose alla loro dimensione. I pagamenti in contanti non sono un’anomalia. La Banca Centrale Europea stampa l’euro, una valuta legale a corso forzoso.
E’ il rovesciamento della realtà. Non a caso la BCE si espresse contro l’abbassamento del tetto all’uso del contante a 1.000 euro, che il governo Draghi l’anno scorso stava perseguendo in continuità con il predecessore. Per Francoforte sarebbe inaccettabile delegittimare i pagamenti con gli euro stampati dall’istituto. Va bene tendere alla digitalizzazione, ma i banchieri centrali hanno eccepito che i contanti rappresentino sempre un’alternativa valida per costi e grado di libertà.
Soprattutto, l’idea che i pagamenti in contanti fomentino l’evasione fiscale è demenziale. Sarebbe come voler chiudere le strade perché è su di esse che avvengono gli incidenti stradali. Un negoziante evade il fisco se non batte lo scontrino al cliente, indipendentemente che il pagamento avvenga in contanti o tramite il POS. Dovremmo pretendere che emetta la ricevuta fiscale, non che opti per una forma di pagamento al posto dell’altra.
Rischio strapotere banche
Anche perché tra obbligo del POS e tetto all’uso del contante, come società stiamo legandoci mani e piedi al sistema bancario. E chi ci assicura che questi non abuserà della sua posizione di strapotere ai danni del nostro denaro da esso custodito? Tanto per fare un esempio, la banca potrebbe imporre tutte le commissioni che vuole sul conto corrente o sui pagamenti digitali, senza che i clienti possano fare granché. E della mole di informazioni relative alle nostre abitudini di vita? Siamo sicuri che, come abbiamo visto negli anni con i social, questi dati sensibili non finiranno nelle grinfie di società terze a scopi di marketing o, molto peggio, di governi e istituzioni a scopo intimidatorio verso i cittadini (se non fai questo, rendo pubblico che effettui spese a favore di un amante, ecc.)?
E ricordatevi che in una società “cashless” è sufficiente che cada la connessione ad internet per rendere impossibili le transazioni.