Chi stabilisce se l’offerta di lavoro fatta ai disoccupati può essere considerata “congrua” al profilo del candidato? La questione non è di poco conto visto e considerato che il rifiuto di una eventuale offerta di lavoro che risponda a questi requisiti comporta la perdita del diritto alla Naspi. La pubblicazione in GU lo scorso 14 luglio del decreto del 10 aprile con cui il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è intervenuto sull’argomento aiuta a fare chiarezza.
Sappiamo che il lavoratore disoccupato che percepisce la Naspi, accetta contestualmente di essere inserito in un programma personalizzato per il reinserimento nel mondo del lavoro.
L’offerta di lavoro per disoccupati: quando è congrua
Tre sono essenzialmente i criteri individuati:
• la durata dello stato di disoccupazione, che viene calcolata su intervalli di tempo a scaglioni:
a) da 0 a 6 mesi,
b) da più di 6 a 12 mesi,
c) da più di 12 mesi;
• la coerenza con le esperienze e le competenze precedentemente maturate, rilevate automaticamente mediante un sistema informatico guidato, messo a disposizione dai centri per l’impiego. Il grado di coerenza richiesto cambia in base al periodo di disoccupazione del soggetto cui viene presentata l’offerta;
• la distanza del luogo di lavoro dal domicilio e i tempi di trasferimento che dunque occorrono per raggiungere la sede di lavoro. Anche in questo caso, i criteri variano a seconda della durata del periodo di disoccupazione.
In altre parole, quindi, riassumendo, in breve, le tabelle fissate nel nuovo decreto del Ministero indicano quale offerta di lavoro si possa definire congrua calcolando da quanto si è in stato di disoccupazione, quale è il proprio profilo professionale ed entro quale distanza dal proprio domicilio ha sede la posizione di lavoro offerta.
Il decreto fa anche riferimento al tipo di contratto e di stipendio offerti definendo congrue proposte di assunzione:
– a tempo indeterminato, o determinato, o non inferiore ai tre mesi;
– che garantiscano un orario di lavoro non inferiore all’80% in meno di quello dell’ultimo contratto di lavoro;
– che prevedano uno stipendio non inferiore ai minimi salariali.
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