Tensioni USA-Messico su muro e NAFTA
Se la coppia Reagan-Thatcher si mostrò decisiva per imporre la supremazia del capitalismo e delle liberal-democrazie nel pianeta, l’asse Trump-May, se mai vi sarà, servirà a scardinare e riscrivere le alleanze globali, a ridare impulso al capitalismo anglo-americano, storicamente così lontano dai trattati volumetrici e da ingombranti regolamentazioni, come si hanno nel mercato comune sotto la UE.
E per una visita in programma, un’altra è stata da poco cancellata. Il presidente messicano Enrique Pena Nieto avrebbe dovuto recarsi a Washington mercoledì prossimo, in compagnia dei suoi ministri al Commercio e agli Esteri, ma ieri il presidente USA gli ha fatto sapere via Twitter che sarebbe meglio che non si presenti fino a quando non mostrerà rispetto al suo paese.
Trump minaccia dazi su prodotti messicani
Pena aveva risposto picche, sostenendo che il suo paese richiede rispetto e Trump aveva controreplicato con la minaccia di imporre un dazio del 20% sui prodotti importati dal Messico. Alla base della disputa c’è, anzitutto, il NAFTA, l’accordo di libero scambio tra USA, Messico e Canada, siglato nel 1994 e che Trump ha definito “unilaterale”, in quanto dal 1995 ad oggi, l’economia americana ha sempre registrato un deficit commerciale verso il partner del Sud, stimato a 60 miliardi nel 2016. Il settore automotive è quello maggiormente investito dal disavanzo per complessivi circa 70 miliardi netti, mentre gli USA recuperano parzialmente solo con esportazioni nette positive nel campo petrolifero e informatico.
Da qui, l’attenzione particolare dimostrata dalla Casa Bianca nei giorni scorsi verso il comparto automobilistico, minacciato a colpi di tweets di subire l’imposizione di dazi, qualora decidessero di delocalizzare ulteriormente quote di produzione in Messico.