Si moltiplicano gli spot di prodotti alimentari “senza olio di palma“, quasi a segnalarne una garanzia contro la presunta nocività dell’ingrediente, utilizzato massicciamente anche nell’industria cosmetica. Si calcola che almeno la metà dei cibo prodotto nel mondo contenga olio di palma. Eppure, negli ultimi tempi è diventato un appestato per la stampa e tra i consumatori, questi ultimi molto attenti a verificare all’acquisto che non compaia tra le sostanze utilizzate dai produttori.
Nel maggio scorso, l’Efsa, ovvero l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, ha pubblicato un rapporto, secondo il quale l’olio di palma conterrebbe una sostanza, che ad alte temperature diverrebbe cancerogena.
Nutella continuerà ad avere l’olio di palma
Il mix di queste critiche, unitamente al tam tam mediatico, hanno spinto numerosi produttori a sostituire l’ingrediente con altri, di cui spesso nemmeno sappiamo, in qualità di consumatori, se contengano grassi ancora più nocivi per la nostra salute. Qualcuno ha ironizzato, che di questo passo persino le parrocchie pubblicizzeranno presto i loro sacramenti senza olio di palma. Di segno contrario è la campagna di stampa portata avanti in queste settimane da Ferrero, che utilizza l’olio di palma per la Nutella, tanto da essersi attirata le critiche feroci di Segolène Royal in Francia, esponente della maggioranza di governo e già candidata alla presidenza nel 2007. (Leggi anche: Nutella, esempio di globalizzazione)
La Ferrero sostiene che la criminalizzazione dell’olio di palma sia infondata e ha trovato in ciò il sostegno del vice-ministro dell’Agricoltura, Andrea Oliviero, il quale ha messo in guardia dalle campagne contro questo o quel prodotto, che solitamente sono studiate a tavolino per danneggiare o favorire questo o quel paese.