Consumi internazionali restano solidi
Le preferenze degli italiani starebbero mutando piuttosto rapidamente sul punto: il 60% non acquisterebbe più prodotti che contengano olio di palma, anche se non tutta l’industria dolciaria si sta adeguando a tali mutamenti. Di certo non la Ferrero, che all’inizio dell’anno ha chiarito di non avere alcuna intenzione di sostituire l’olio di palma con altri ingredienti per produrre la Nutella, sostenendo che i test effettuati avrebbero esitato una crema meno spalmabile e meno preferita dai consumatori.
Intanto, la campagna contro sta facendo discutere anche nella vicina Svizzera, dove l’Associazione degli Agricoltori ha chiesto ai propri membri di non fornire più olio di palma alle mucche. Lo scorso anno, il settore ne ha utilizzato per 5.000 tonnellate e sostituirlo costerebbe, si stima, circa un milione di franchi all’anno.
Ma in prospettiva non ci sono solo nubi sulla materia prima. L’arrivo del Ramadan, mese sacro per i mussulmani, dovrebbe rinvigorire le quotazioni, in risposta ai festeggiamenti legati all’evento, che stimolano i consumi. Non è detto, poi, che il dollaro non torni a rafforzarsi contro il ringgit, mentre sembra scampato il pericolo di tasse punitive contro il prodotto in alcuni mercati principali, come in Francia, dove il precedente governo puntava a imporre un balzello, che avrebbe stangato l’olio di palma di quasi il 210% contro il 21,7% attuale. D’altra parte, Parigi è stata tra le principali sostenitrici della campagna di demonizzazione, ma il cambio di governo potrebbe allentare la morsa contro le importazioni di olio di palma in Europa.