OPA obbligatoria è un costo, potenzialmente negativa anche per piccoli soci
L’abbassamento della soglia, possibile fino al 25%, cerca di tutelare un interesse opposto, quello della stabilità degli assetti proprietari delle società meno capitalizzate e, quindi, tendenzialmente più “scalabili”. Che sia questo ciò che conviene al nostro capitalismo è molto dubbio, visto che la contendibilità della proprietà è un cardine per l’efficienza del mercato, a beneficio indirettamente anche dei piccoli azionisti, non solo perché le scalate sono più facili, ma anche perché la sola loro minaccia si traduce in una gestione più efficiente da parte del management, il quale è costretto ad ascoltare maggiormente le proposte e le critiche dei soci anche non di controllo.
L’OPA obbligatoria, quindi, presenta una doppia faccia: garantisce ai piccoli azionisti di partecipare ai benefici di un’offerta da parte di uno o più soggetti in concerto tra di loro, ma allo stesso tempo aumenta il costo della scalata di un’impresa, disincentivandola. Una volta superato il 25-40% del capitale, infatti, lo “scalatore” dovrebbe mettere in conto l’ipotesi di dovere acquistare anche fino a tutto il restante 60-75%, con un costo finanche quadruplo di quello preventivato.
Ai piccoli soci, dunque, potrebbe anche non convenire la nuova disciplina sull’OPA obbligatoria, perché rendendo quest’ultima necessaria potenzialmente per un numero maggiori di casi, potrebbe finire per disincentivare il mercato a contendere la proprietà di diverse società quotate in Italia e per le quali gli azionisti non di controllo potrebbero così restare a bocca asciutta e d’altro canto dovendosi accontentare di una gestione aziendale tendenzialmente più stabile, ma meno efficiente, quindi, con una potenziale creazione di valore più basso per le lor azioni.