Opzione Donna: le domande di pensione sono crollate del 96%

Solo 151 richieste di pensione con Opzione Donna pervenute nei primi tre mesi dell’anno. La deroga è praticamente morta anche se non lo dicono.
2 anni fa
1 minuto di lettura
pensioni
Foto © Licenza Creative Commons

Crollano vertiginosamente le domande di pensione liquidate con Opzione Donna. Il canale di uscita anticipata riservato alle lavoratrici ha subito nel primo trimestre dell’anno uno stop pesante per via delle restrizioni introdotte con la legge di bilancio.

L’Inps ha comunicato che al 31 marzo 2023 le pensioni anticipate con Opzione donna sono state appena 151, contro le 4.185 dello stesso periodo dello scorso anno. Secondo le stime dell’Istituto sarebbero in tutto solo 2.900 le lavoratrici che potrebbero beneficiare di Opzione Donna nel corso dell’anno, contro le oltre 23.000 che hanno lasciato il lavoro nel 2022.

Opzione Donna, solo 151 richieste di pensione in tre mesi

A pesare sul crollo delle richieste, i requisiti molto più stringenti: servono infatti 35 anni di contributi e 60 di età, che si abbassano a 59 con un figlio e a 58 con almeno due. Inoltre, l’opzione è riservata a caregiver, licenziate o dipendenti di aziende in crisi.

Sicché, Opzione Donna si restringe a pochissime aventi diritto quest’anno. Motivo per cui i sindacati continuano a chiedere una revisione della misura al governo Meloni, anche se al momento non vi sono spiragli di alleggerimento dei requisiti richiesti per le lavoratrici. Del resto, come aveva detto tempo fa sottosegretario all’Economia Federico Freni in una dichiarazione a commento della modifica introdotta nella manovra finanziaria:

“Opzione donna non era sostenibile economicamente. Ma si tratta di una misura che intercetta un bisogno di tutela cui non possiamo e non vogliamo negare risposte

Il vincolo più stringente che nasconde le intenzioni di abolire la deroga riguarda l’appartenenza a determinate categorie sociali svantaggiate. Oggi per andare in pensione con Opzione Donna bisogna infatti rientrare in una delle seguenti condizioni:

  • disoccupate a seguito di licenziamento o dipendenti di aziende in crisi;
  • invalide civili con il 74% di invalidità riconosciuta e definitiva;
  • caregiver.

Un passo verso l’inclusione in Ape Sociale

Le restrizioni apportate a Opzione Donna tendono ad avvicinare la deroga ai requisiti previsti per Ape Sociale.

Con l’obiettivo probabile che dal 2024 confluirà in questa forma di tutela previdenziale. L’anticipo pensionistico si può infatti ottenere con gli stessi requisiti sociali di cui sopra a 63 anni, ma con 5 anni di contribuzione in meno.

Inoltre la pensione non è calcolata con il sistema contributivo puro come avviene per Opzione Donna. Il che significa poter ottenere un trattamento sicuramente più vantaggioso anche se limitato a 12 mensilità.

Inoltre i tempi di attesa della liquidazione della pensione sono di tre mesi dal raggiungimento dei requisiti contributivi e anagrafici e non di 12-18 mesi come avviene per Opzione Donna. Insomma, tutti fattori che depongono per una soppressione finale delle pensioni anticipate per le lavoratrici dal prossimo anno.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Economia italiana su
Articolo precedente

L’economia italiana parte molto bene nel primo trimestre, la crisi si allontana

Obbligazioni Goldman Sachs in euro
Articolo seguente

Obbligazioni Goldman Sachs a 10 anni “callable” con cedola fino al 5,85%