Ultimo anno per andare in pensione con “opzione donna” per le lavoratrici dipendenti sia del settore pubblico che privato. La legge di bilancio 2021 ha prorogato anche per quest’anno il pensionamento anticipato per le lavoratrici che abbiano maturato almeno 35 anni di contributi e 58 di età. Ma sarà l’ultima volta.
L’opzione del pensionamento anticipato è riservata a tutte le lavoratrici che, oltre ad aver effettuato almeno 35 di versamenti contributivi all’Inps, hanno compiuto 58 anni di età al 31 dicembre 2020. Quindi per tutte le nate fino al 1962.
Opzione donna per le dipendenti nate nel 1962
Quindi, le lavoratrici dipendenti nate nel 1962 hanno la possibilità di lasciare anticipatamente il lavoro e conseguire la pensione dall’Inps in deroga agli ordinari requisiti normativi previsti dalla riforma Fornero. Le lavoratrici dovranno però essere disposte a subire una decurtazione significativa dell’assegno di pensione maturato.
La riduzione della pensione scaturisce essenzialmente dal sistema di calcolo che l’Inps effettuerà basandosi esclusivamente sul sistema contributivo per la totalità dei contributi versati in qualsiasi gestione. In linea di massima, ciò comporterà un taglio dell’assegno del 20-30%, a seconda dei casi.
I requisiti per opzione donna
I requisiti per avere diritto alla pensione con opzione donna sono quelli di aver maturato un’anzianità contributiva pari ad almeno 35 anni al 31 dicembre 2020. E un’età anagrafica di almeno 58 anni. Spiega inoltre l’Inps:
Ai fini del perfezionamento del requisito contributivo è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurata, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione al netto dei periodi di malattia, disoccupazione e/o prestazioni equivalenti, ove richiesto dalla gestione a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico.
La pensione verrà erogata solo dopo 12 mesi dalla presentazione della domanda (18 mesi per le lavoratrici autonome).
Il conteggio dei contributi
Attenzione ai contributi. Posto che il sistema di calcolo per accedere all’opzione donna è interamente contributivo, l’Inps terrà conto solo di quelle settimane coperte da contribuzione valide solo per la “misura”. Cioè dei periodi assicurativi per i quali vi è stato un reale accredito dei contributi ai fini pensionistici.
La contribuzione figurativa per i periodi di disoccupazione, malattia, congedo parentale, ecc. è esclusa dal calcolo. Mentre sono compresi i periodi coperti dai versamenti volontari e di riscatto del periodo di laurea. Si pensi ad esempio a una lavoratrice che nell’arco della vita lavorativa si è assentata complessivamente per 20 settimane a causa di malattia. E altre 100 settimane per accudire i figli minori (congedo parentale). In questo caso l’Inps non terrà conto delle 120 settimane di copertura previdenziale ai fini del raggiungimento del requisito per andare in pensione.
Il sistema di calcolo contributivo
Per il calcolo della pensione con il sistema contributivo valgono solo i contributi versati dopo il 31 dicembre 1995. Qualora l’assicurato non potesse farne valere a sufficienza per il raggiungimento dei 35 anni di copertura pensionistica, dovrà chiedere all’Inps la migrazione. Cioè lo spostamento dei contributi dal sistema di calcolo retributivo a quello contributivo.
Questo perché la legge prevede che i contributi versati prima del 1996, validi per il sistema di calcolo retributivo, non possono essere presi in considerazione come base di calcolo se prima non vengono “spostati”. Da qui, la penalizzazione sull’ammontare della pensione anticipata prevista per opzione donna.