Opzione donna: nel 2022 serviranno 60 anni per andare in pensione

Verso la riconferma di opzione donna nel 2022, ma con due anni in più di età rispetto ad ora. Ecco perchè.
3 anni fa
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Anche opzione donna rientra fra le misure della riforma pensioni 2022. Il sistema di pensionamento anticipato riservato alle lavoratrici, che scade il 31 dicembre, sarà molto probabilmente prorogato.

Non è però detto che il sistema vigente non sarà ritoccato. Anzi, è molto probabile che fra i requisiti necessari, quello anagrafico subisca un innalzamento di due o forse tre anni. Come dice Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, dal 2022 si uscirà probabilmente a 60-61 anni.

Opzione donna, proroga con aumento dell’età

Opzione donna, si sa è penalizzante, ma è piaciuta a molte lavoratrici.

Chi ha scelto di lasciare il lavoro al compimento di 58 anni (59 per le lavoratrici autonome) con almeno 35 anni di contributi, non si è pentito.

Per una donna, oltre al lavoro, vi sono tante altre incombenze e lavoretti domestici che, pur non essendo remunerati, sono a tutti gli effetti un secondo lavoro. Il governo ha quindi intenzione di mantenere aperto questo canale opzionale per tutelare maggiormente le lavoratrici con l’accesso alla pensione anticipata.

Tuttavia, bisogna osservare che le donne vivono mediamente più degli uomini e i costi per le pensioni alla lunga si fanno sentire. Così, se dopo quota 100 è probabile che si andrà in pensione con Ape sociale contributiva a 63 anni (anziché a 62), per le donne un analogo scatto in avanti non è da escludere.

Pensioni più basse

Come noto, la liquidazione della pensione con opzione donna implica un calcolo interamente basato sul sistema contributivo (più penalizzante rispetto a quello misto). In pratica i contributi versati prima del 1996 nel sistema retributivo vengono migrati al sistema contributivo puroi derivandone così una penalizzazione.

Attendere due (o forse tre) anni in più di età, nel rispetto dei 35 anni di contributi versati, implica che la pensione sarà meno penalizzante poiché ci sarebbero meno contributi da migrare dal sistema retributivo.

In pratica tenendo al lavoro le donne un paio di anni in più, subiranno meno penalizzazione sul calcolo della pensione.

Resterebbe comunque un vantaggio in uscita rispetto a quanto si sta progettando con Ape contributiva.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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