Opzione Donna non è una misura strutturale e terminerà il 31 dicembre 2022. Tuttavia, negli anni, è sempre stata prorogata e mai resa definitiva. Così il dubbio che possa terminare da un momento all’altro esiste.
Lo scorso anno il premier Draghi aveva fatto capire che sarebbe stata abolita. Più che altro per mandare un messaggio a Bruxelles che chiedeva con insistenza di porre fine alle pensioni anticipate. Poi fu prorogata.
Opzione Donna assorbita da Ape Sociale?
Così nel 2021 fu terminata solo quota 100, scaduta naturalmente dopo tre anni, mentre Opzione Donna è stata rinnovata per altri 12 mesi.
Opzione Donna, peraltro è stata molto criticata. Sia per le pensioni che risultano fortemente penalizzate per via del sistema di calcolo interamente contributivo, sia per il requisito anagrafico richiesto. Andare in pensione a 58-59 anni, almeno 5 anni prima degli uomini, è obiettivamente sbagliato.
Così si sta pensando di rivedere il meccanismo. Secondo indiscrezioni, al Ministero del Lavoro si sta infatti lavorando per far confluire Opzione Donna in Ape Sociale che sembra essere diventato lo strumento principe per concedere la pensione anticipata a chi si trova in difficoltà.
Quindi, Ape Sociale potrebbe assorbire in via definitiva anche le donne, oltre che più lavoratori usuranti, i disoccupati, i caregiver e portatori di handicap. Una semplificazione che, tutto sommato, potrebbe avere dei vantaggi.
Vantaggi e svantaggi
Dal punto di vista economico, si potrebbe andare in pensione con un assegno più alto rispetto a quanto previsto da Opzione Donna finora. Ape Sociale prevede infatti un diverso trattamento basato sul sistema di calcolo misto, con limite a 1.500 euro al mense.
Serviranno anche meno anni di lavoro come requisito contributivo minimo. A oggi i beneficiari di Ape Sociale devono dimostrare di avere almeno 30 anni di versamenti (per i lavoratori usuranti ne servono 36).
Fra gli svantaggi c’è l’età anagrafica che non può essere inferiore ai 63 anni. Ma con uno o più figli, si può scendere fino a 61 anni. Insomma due o tre anni in più di età per andare in pensione, ma con meno lavoro alle spalle e meno penalizzazione economica. A conti fatti conviene, sia allo Stato che alle lavoratrici.